Speciale POESIA è una nuova rubrica radiofonica a cura di Giovanni Varrasi, medico psichiatra e poeta, con la partecipazione di Claudio Coppini, nella veste di conduttore, e di Roberto Vacca, che legge i testi scelti di volta in volta.
Un viaggio nella storia della poesia e dello sguardo poetico attraverso i secoli, fino alla nostra attualità, lasciando l’ultima parte del programma aperta ai radio ascoltatori che vorranno mettersi in gioco inviando alla redazione dei propri componomenti poetici.
Potete inviare le vostre poesia a firenze@radiovocedellasperanza.it

La seconda puntata ci propone poeti dell’antica Roma. Abbiamo scelto Orazio, Catullo e Seneca viventi tra il I secolo A.C. e il I secolo D.C. Le poesie di Orazio sono state scelte per alcune espressioni latine, per esempio Carpe Diem ancora oggi celebri. Di Catullo si è letta una poesia romantica. I versi di Seneca ci suggestionano invece sul fatto che non si debba solo invocare la felicità, ma porre maggiore attenzione agli ingredienti che la costituiscono.

Qui i testi delle poesie:

Orazio, nasce a Venosa, nell’odierna Basilicata, nel 65 a.C. Muore a Roma nell’8 d.C

Mentre parliamo, dum loquimur
il tempo invidioso invidia aétas
sarà già fuggito. fúgerit
cogli l’attimo carpe diem
confidando il meno possibile nel domani quam minimum crédula pòstero

*. *. *

Esiste una misura nelle cose est modus in rebus
esistono determinati confini sunt certi denique fines
al di là e al di qua dei quali quos ultra citraque
non può esservi il giusto nequit consistere rectum

*. *. *

Catullo nasce a Verona nell’84 a.C è muore a Roma nel 54 a.C, a trent’anni

Amami quando meno me lo merito
perché sarà quando più ne avrò bisogno

*. *. *

Seneca nasce a Cordova, in Spagna, nel 4 a.C e muore a Roma nel 65 d.C.

Tutti, fratello Gallione,
vogliono vivere felici,
ma nel veder chiaro
cos’è che rende la vita felice
sono ottenebrati.

Maschi

Feriti, arrabbiati, vogliosi, accartocciati,
abitati dalla morte come Bernardo Soares,
ciechi.
Chiedono, implorano, sbattono i piedi per terra, menano le mani,
restano imbambolati, un sorriso ebete, o muti e duri,
biechi.

Pretendono, bramano,
il banale, carne umana, il niente,
feroci, affamati, nascondono nel cuore
lame taglienti.

Molti uomini sono alberi secchi privi di radici
pezzi di metallo scheggiato, deformato, arrugginiti,
luna park sdentati, tagliole viventi,
giardinetti spelacchiati senza panchine,
paludi domestiche maleodoranti,
avanzi di poesie mute, fatte a pezzi, stonate,
si deve stare attenti.

È un rotolante, osceno, ammasso eterno
neppure la compassione
gli eviterà l’inferno.

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