Siamo arrivati alla sesta puntata del programma L’altrobinario, speciale poesia ideato e curato dallo psichiatra e poeta, Giovanni Varrasi, con Claudio Coppini nella veste di conduttore.

Il 1700 è il secolo delle rivoluzioni contro i vecchi poteri aristocratici. La prima rivoluzione del ‘700 però, è quella demografica. La popolazione europea aumenta, l’epidemia di peste del secolo precedente, cessa. L’illuminismo è la filosofia del secolo. “Osa di sapere, abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza”, intimava Immanuel Kant, il filosofo tedesco.

Con il termine Illuminismo si intende qualsiasi forma di pensiero che voglia illuminare la mente degli altri uomini, ottenebrata dall’ignoranza e dalla superstizione, servendosi della critica, della ragione e della scienza. Voltaire ne è uno dei vati. Celebri alcuni suoi aforismi: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”, “Il fanatismo è un mostro che osa definirsi figlio della religione”, “Il dubbio è un ospite scomodo, ma solo gli imbecilli ne fanno a meno”.

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Cambiamo nazione, interpreti, atmosfere. Andiamo a Venezia, durante il fastoso carnevale. La vita continua, con i suoi soliti modi, anche se i filosofi introducono un’aria nuova che segnerà i secoli successivi. Carlo Goldoni, il commediografo, scrittore e avvocato veneziano, uno dei padri della commedia, descrive quell’intreccio di personaggi, di equivoci, di tipi umani, che solo l’Italia poteva produrre ed esportare in Europa.

La stagione del Carnevale tutto il mondo fa cambiar chi sta bene e chi sta male Carnevale fa rallegrar.

Chi ha denari se li spende chi non ne ha li vuol trovar e s’impegna e poi si vede per andarsi a sollazzar.

Qua la moglie e là il marito ognuno va dove gli par ognuno corre a qualche invito chi a giocare e chi a ballar.

Par che ognuno di Carnevale a suo modo possa far par che ora non sia male anche pazzo diventar.

Viva dunque il Carnevale che diletti ci suol dar. Carnevale che tutto vale che fa i cuori giubilar.

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Un altro volo dentro il secolo dei lumi e andiamo in Germania. Lì troviamo Friederich Schiller, un po’ medico, un po’ militare, ma, sopratutto, poeta. Lui è l’autore dell’”Inno alla gioia” che in seguito fu musicato da Beethoven e oggi è l’inno della nostra Europa.

Grazie bella scintilla divina, figlia degli Elisei, noi entriamo ebbri e frementi celeste, nel tuo tempio. La tua magia ricompone ciò che la moda ha rigidamente diviso, tutti gli uomini diventano fratelli sotto la tua ala soave..
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L’uomo a cui la sorte benevola concesse di essere amico di un amico, chi ha ottenuto una donna leggiadra unisce il suo giubilo al nostro
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gioia bevono tutti i viventi dai seni della natura tutti i buoni, tutti i malvagi seguono la sua traccia di rose
……..
Percorrete, fratelli, la vostra strada, gioiosa, come un eroe verso la vittoria! Abbracciatevi, moltitudini! Questo bacio vada al mondo intero. Fratelli, sopra il cielo stellato deve abitare un padre affettuoso.

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Concludiamo con la rivoluzione francese ( 1789) e il suo sfortunato cantore Andrè Chenier, rivoluzionario egli stesso e poi ghigliottinato dai radicali giacobini, nel periodo del Terrore, a 31 anni. Di lui abbiamo scelto una poesia d’amore, con la nostra convinzione segreta che amore e politica, bellezza e rivoluzioni cruente, quasi mai vanno d’accordo.

Là riposava l’Amore e sulla sua guancia in fiore divampava il colore di una mela brillante. Io vidi, entrando sotto la fitta boscaglia, il suo arco e la faretra nascosti nel fogliame. Dorme su mucchi di di rose dai calici profumati. La forma di un sorriso gli apriva pigramente la bocca e giovani api venivano a raccogliere il miele.
Quante contraddizioni nel secolo dei lumi! Chi gioca con il Carnevale, chi enfatizza il pensiero, altri ci rinunciano per Amore! Rivoluzionari trucidati dai loro stessi compagni, medici militari che sognano la Gioia invece degli ordini e dei secchi comandi dei superiori!

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Infine, una poesia di Giovanni Varrasi che ci riferisce le sue prime esperienze ospedaliere da psichiatra, a contatto con il dolore e la follia.

Claudio suonava la chitarra. Tanti anni fa, un’estate calda, gli chiesi, in ospedale, di cantare e suonare.
Era ricoverato, cantai con lui.

Le infermiere giovani ridevano come fontanelle di paese , gli altri ricoverati, rintanati nei letti, erano spaventati dalla nostra sfida nientemeno della vita contro la morte.

Ci sentivamo bene, pieni di speranze. Mi illusi, quel giorno, che non c’erano troppe differenze tra di noi, che l’Amore potesse curare.

Claudio ora sbatte la voce contro i muri della psichiatria, la canottiera di lana grossa, il pigiama troppo largo arrotolato in vita.

Si ristabilirà, gli psicofarmaci, l’ospedale, l’aiuteranno.
Non di ricorda di me, di noi, di chitarra e canzoni. Suonare, mi dice, mi fa perdere i neuroni.

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