NA - Notizie AvventisteFrancesco Zenzale – L’Apocalisse ci offre la possibilità di intravedere la bellezza e la grandezza del nostro Dio Padre, “Colui che è, che era e che viene…” (Ap. 1:4). Parole che esprimono la grandezza di Dio data sin dall’Antico Testamento: “Io sono Colui che è” (in ebraico: ani hu oppure ehjéh aschér ehjéh).

Espressioni che ricordano l’eternità di Dio, la sua vicinanza come anche la sua lontananza, la sua superiorità rispetto al mondo come anche la sua potenza nell’influire sulla storia, nella persona di Gesù Cristo, suo Figlio, mediante il quale è possibile conoscere il suo amore.

Dio è “colui che è”, che è con te in questo preciso momento, come lo sarà sempre, e al quale pertanto puoi parlare, aprire il tuo cuore, segnalare le tue angosce, i tuoi desideri e innalzare la tua lode. Non ha importanza dove sei: in fabbrica, per la strada, in ufficio, in un supermercato, a casa, con la tua ragazza o con tua moglie, ecc. Qualsiasi luogo per Dio va bene, perché egli è. Il suo orecchio sta ascoltando le tue inquietudini interiori, il suo sguardo vigila suoi tuoi movimenti, il suo cuore palpita per te e le sue mani accarezzano il tuo viso asciugando le lacrime e accarezzandoti dolcemente. “Tu conti i passi della mia vita errante; raccogli le mie lacrime nell’otre tuo; non le registri forse nel tuo libro?” (Salmo. 56:8).

Dio è “colui… che era”. Il Dio del ricordo, il Dio delle nostre radici, è il Dio d’Abramo, d’Isacco e di Giacobbe. Per fede, scrive l’apostolo Paolo, siamo figli di Abramo, dell’Iddio che era, e quindi eredi della stessa promessa (Galati 3:7-9).

Dio è “colui… che viene”. “Curiosamente, Giovanni, invece di usare il verbo essere, quando parla del Dio del futuro, cambia espressione verbale. Dal verbo essere (coniugato al presente e al passato) passa al verbo ‘venire’. Certo, Dio esiste in sé, esiste ed è esistito con noi e per noi, ma alla fine, resta confinato lassù. A discapito di quello che sappiamo di lui e di quello che ha compiuto nella storia umana, egli resta, comunque, ‘altrove’, non è ancora venuto. Il futuro è più ricco del presente e del passato. Solo l’avvenire contiene la promessa della venuta di Dio. Più che il Dio delle radici, della tradizione, del ricordo, dell’esistenza, del quotidiano, dell’esperienza spirituale, Dio è il Dio che viene” (Ap. 1:4) (J. Doukhan).

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