NA - Notizie Avventiste Francesco Zenzale – “Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che gli avevano resa. Essi gridarono a gran voce: ‘Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?’. E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro” (Ap 6:9-11).

Con il quinto sigillo il quadro cambia e cambiano anche i simboli, le cose che non hanno vita parlano come se fosse entrata in loro l’energia vitale divina. Dal periodo buio del Medio Evo si passa al periodo della speranza, dei perché, del “fino a quando” (Ap 6:10). Siamo nel XVIII – XIX secolo, periodo del pietismo, della riscoperta della Parola di Dio e di alcune sue eccellenti verità: la salvezza per grazia, il battesimo per immersione, i comandamenti di Dio, il secondo e il quarto comandamento, ecc.

Troviamo un’immagine familiare del culto d’Israele, precisamente l’altare degli olocausti che era collocato nel cortile del tempio, dove il sangue della vittima, “dell’agnello”, simbolo della giustificazione per fede, doveva essere versato per terra, letteralmente “sotto l’altare” (Levitico 4:7).

Il linguaggio usato è simbolico, personificato, in cui le cose inanimate parlano, i morti gridano a Dio di affrettare il tempo del giudizio.

Giovanni vide in anticipo coloro i quali, attraverso i secoli, sono stati sacrificati per amore della verità, del Vangelo ed essi, come se fossero vivi, invocano il giudizio e simbolicamente gridano: “Fino a quando?”. Stessa espressione contenuta nel libro di Daniele: “Poi udii un santo che parlava. E un altro santo chiese a quello che parlava: ‘Fino a quando durerà la visione del sacrificio quotidiano, dell’iniquità devastatrice, del luogo santo e dell’esercito abbandonati per essere calpestati?’. Egli mi rispose: ‘Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato’” (Dn 8:13-14).

“Alla domanda ‘Fino a quando?’, l’angelo risponde collocando il giudizio nel tempo: “Fino a duemilatrecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato” (Dn 8:14). La purificazione del santuario, nel linguaggio levitico, indica la festa dell’espiazione, o Kippur, ossia il giudizio cosmico di Dio. É il momento in cui, secondo Daniele 7, nel testo parallelo, ‘… si tenne il giudizio e i libri furono aperti’ (v. 10). Il quinto sigillo ci trasporta fino al tempo in cui il giudizio inizia nelle sfere celesti. Secondo questa visione, non siamo ancora alla fine dell’umana sofferenza. L’avvenimento della salvezza definitiva è rinviato al momento in cui il numero dei salvati sarà completo (Ap 6:11). Perché la salvezza sia effettiva, occorre la presenza di tutti. La salvezza dell’individuo implica quella dell’universo intero. La salvezza è cosmica o non esiste. Non si può essere salvati nelle condizioni attuali, perché il regno di giustizia esige una purificazione, una creazione di un’altra natura. Questa è la lezione fondamentale del Kippur” (J. Doukhan, Il grido del cielo, ed. Adv, p. 82)

Per saperne di più: assistenza@avventisti.it

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