NA - Notizie AvventisteFrancesco Zenzale – Commento al testo di Apocalisse 14:1-5.
Improvvisamente, in fondo all’orizzonte che si credeva senza uscita da quel “numero di uomo” (Ap 13:18), sorge una folla che canta la vittoria e la gioia. La scena contrasta in modo evidente con quello che abbiamo appena visto e temuto. A coloro che sono stati calpestati dagli stivali di Babele viene presentata una nuova ragione per sperare, la possibilità di avere un futuro. Di fronte alla terra e al mare che trionfano nel presente, si innalza il “monte di Sion” (14:1). È la sola volta che Sion viene menzionata nell’Apocalisse. La Sion di cui si parla è di ordine celeste.

In opposizione alle bestie che salgono dal mare o dalla terra, l’Agnello sta in piedi sul monte Sion. La stabilità e l’ordine che regnano nella sfera di Dio contrastano con la turbolenta agitazione del mondo del dragone. Il contrasto si spinge fino al modo con cui il segno di appartenenza viene posto. Sulla fronte e sulla mano, in modo caotico nell’ambito del dragone, sempre sulla fronte nell’ambito dell’Agnello (14:1). Anche il numero di 144.000 che simboleggia la perfezione dell’alleanza con Dio (12×12.000) contrasta con il numero 666 che rappresenta l’assenza di qualsiasi alleanza con Dio. Le “vergini” dell’Agnello, cioè coloro che si sono conservate per il matrimonio, contrastano con coloro che si sono lasciati “sedurre” dalla bestia (13:3,14).

Il contrasto esistente tra il popolo dell’Apocalisse e quello del dragone si nota soprattutto dalle loro azioni e dai loro atteggiamenti. I discepoli del dragone si comportano come automi senza anima. Stranamente, non li si sente nemmeno parlare. La bestia parla per loro. Le loro decisioni sono prese meccanicamente, secondo la convenienza del momento, seguendo la massa. Le loro preoccupazioni sono essenzialmente materialiste e soggette alle leggi di mercato. Essi perseguono l’unico scopo di vincere qui sulla terra.

I discepoli dell’Agnello presentano tutta un’altra immagine. Sono vergini! La verginità è la caratteristica di coloro che hanno il cuore puro: “Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio” (Mt 5:8); sono dunque qualificati a “seguire l’Agnello dovunque egli vada”. Non è l’uomo che traccia il cammino della chiesa (o del credente, il tuo o il mio cammino), ma unicamente Dio. Il Signore condusse Israele lungo il deserto per 40 anni per strade insolite, non per la via maestra degli uomini. Il Signore conduce spesso i suoi fedeli per strade che essi, di loro iniziativa, non percorrerebbero mai.

Sono irreprensibili, ovvero moralmente incensurabili. La purezza nel parlare e in tutti gli aspetti della vita è considerata come segno che contraddistingue i discepoli di Cristo dal mondo. É il distintivo di colui che ha dato la sua vita a Gesù. Non è un’etichetta. Di Daniele è stato scritto che i suoi nemici “non potevano trovare alcuna occasione, alcun motivo di riprensione. Perché egli era fedele, e non c’era da trovare in lui alcunché di male o da riprendere” (Dn 6:4). L’Apocalisse segnala che “i bugiardi non entreranno nel regno dei cieli” (Ap 21:8).

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