Francesco Zenzale – La descrizione della nuova Gerusalemme, progredisce dal generale al particolare, come se il profeta la vedesse avvicinare e divenire sempre più distinguibile. La visione è annunciata, in grandi linee, dall’angelo che dice: “Vieni e ti mostrerò…” (Ap 21:9). In seguito, essa si suddivide in due scene ben definite, che Giovanni introduce ogni volta con la medesima formula: “Mi mostrò” (Ap 21:10; 22:1).
In effetti, la visione si sposta dalla periferia al centro della città, svelando in successione le sue sette meraviglie: la città nel suo insieme splende come il cristallo; le mura e le porte sono di pietre preziose; la sua piazza è d’oro; il suo giardino è attraversato dal fiume dell’acqua della vita; in essa sorge l’albero della vita; qui è il trono di Dio; qui è Dio stesso (Ap 22:1-5).
Nuova Gerusalemme significa ambiente perfetto. Solido e armonioso, esso suscita fiducia e ammirazione. La città è ben protetta, si trova circondata, infatti, da grandi e alte mura (Ap 21:12). Le sue dimensioni sono perfettamente misurate. Ogni lato della città (v. 16) copre 12.000 cubiti (2.000 km), le sue mura (v. 17) sono larghe 144 cubiti (65 m) ed è appoggiata su 12 fondamenta (v. 14).
La città intera è costruita sul numero 12 che è quello delle tribù d’Israele (o dei 12×12.000 = 144.000 salvati), e anche dei dodici apostoli, i cui nomi sono scritti sulle dodici fondamenta della città (v. 14). La città è costruita a misura delle persone che l’abiteranno.
Non si potevano descrivere meglio le sue qualità pratiche. L’architetto non è altri che il Creatore in persona. Egli conosce tutti i bisogni e tutte le vibrazioni degli esseri umani. L’architettura stessa della città traduce il suo rispetto per le individualità. Egli ha tenuto conto di ognuna delle dodici tribù. Le porte aperte in tutte le direzioni (v. 25) rivelano uno spirito di fiducia e di comprensione tra tutti gli abitanti di Gerusalemme.
Questo rispetto per la diversità dei caratteri che ha ispirato la costruzione della città, si riflette anche nelle relazioni umane. Ogni porta e fondamenta sono costituite da pietre di diversa natura (vv. 19-21). Tutti contribuiscono alla felicità degli altri, senza gelosie e tortuosità. In modo significativo, le tre liste di malfattori, esclusi dalla città, si concludono con la categoria dei bugiardi (vv. 8,27; 22:15). Niente di più rassicurante. Sarà bello viverci, perché, al benessere e alla ricchezza, si aggiungeranno la pace e la fiducia tra gli uomini!
Ma l’architetto non si accontenta di essere concreto e di rispondere alle necessità vitali degli uomini. La città è anche bella. Essa è “adorna” (v. 2). La parola greca kosmeo (da cui deriva la nostro “cosmetica”) è utilizzata per rendere l’intenzione, anche estetica, che ha ispirato la costruzione della città. Notiamo, inoltre, le sue proporzioni armoniose e simmetriche. “La lunghezza, la larghezza e l’altezza erano uguali” (v. 16).
Siamo di fronte a un cubo perfetto, come il luogo santissimo dell’antico tempio (1Re 6:20). Come il candelabro, il luogo santissimo porta l’evocazione della nuova Gerusalemme, tanto attesa dagli uomini. La coincidenza mostra ancora una volta il rapporto esistente tra il culto biblico e la città della speranza. Del resto, la religione, sulla terra, ha senso solo se vissuta nella prospettiva del regno di Dio.
La bellezza della città è ulteriormente sottolineata dai materiali preziosi che la costituiscono. Pietre preziose, lucenti vetrate, e, soprattutto, oro splendente come cristallo (21:18,21). La diversità di tutti questi elementi è esaltata da ciò che li riunisce, la presenza luminosa di Dio: “perché la gloria di Dio la illumina” (v. 23). La città si erge come un tempio d’oro dalle vetrate multicolori da cui si riflette la stessa luce, ma con toni diversi e complessi.
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