NA - Notizie AvventisteFrancesco Zenzale – La quarta beatitudine (Ap. 16:15), si colloca in ordine cronologico dopo la fine del tempo di grazia e prima del ritorno di Cristo. Ciò è possibile dedurlo in primo luogo dal tempio celeste che si riempie di “fumo a causa della gloria di Dio e della sua potenza – a tal punto – che nessuno poteva entrare nel tempio finché non fossero finiti i sette flagelli dei sette angeli” (Ap 15:8). In altre parole, dopo la fine del tempo di grazia, la salvezza è vissuta come un dato acquisto per l’eternità, come anche la morte eterna. In secondo luogo dagli ultimi sette flagelli che si riversano solo sui malvagi; ovvero, su “gli uomini che avevano il marchio della bestia e che adoravano la sua immagine” (Ap 16:2) e sulla stessa bestia (Ap 16:10). È chiaro però che nella prospettiva profetica è oggi che il credente indossa la grazia di Dio e tale grazia risulterà protettiva e inconvertibile dopo la fine del tempo di grazia.

Questa beatitudine evoca le parole pronunciate da Gesù nel suo discorso profetico (Matteo 24; Luca 21:36), dove l’invito a vegliare è pressante, in vista della beata speranza. Ma oltre a vegliare, la Parola rivolge un invito a custodire le “vesti” per non camminare “nudo e non si veda la sua vergogna”.

“Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello” (Ap 19:9). La quinta beatitudine da una parte ci fa tornare indietro nel tempo, precisamente all’ultima cena. Gesù in quella occasione disse: “Ho vivamente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima di soffrire; poiché io vi dico che non la mangerò più, finché sia compiuta nel regno di Dio” (Luca 22:15-16); dall’altra ci proietta nell’adempimento della promessa: in cielo a cena con Gesù. La prima cena, nonostante la promessa del ritorno (Giovanni 14:1-3), è contraddistinta dal tradimento e dalla separazione, è preannuncio di sofferenza e morte: l’Agnello stava per essere immolato. La seconda cena è gioiosa. Si festeggiano le nozze dell’Agnello!

Chi saranno gli invitati? Secondo la sesta beatitudine coloro che partecipano alla “prima risurrezione”, che avverrà al ritorno di Cristo. Propriamente i salvati di tutti i tempi e di ogni luogo.

“Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione” (Ap. 20:6). La sesta beatitudine riprende il messaggio del Cristo risorto (Ap. 1:18) ma, nel contesto che precede il millennio, sono i morti in Cristo ad essere risuscitati. L’apostolo Paolo lo aveva ben messo in evidenza con le seguenti parole: “Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta” (1Corinzi 15:20-24).

Parole di speranza di fronte alla morte! Ma non è finita! Infatti, siamo ancora nel tempo dell’attesa e pertanto, l’invito a custodire “le parole della profezia di questo libro” (Ap 22:7) risuona improrogabilmente, considerato i tempi in cui viviamo: siamo nell’ultima fase della storia dell’umanità.

L’ultima beatitudine riprende la storia dell’uomo da dove era iniziata: “Beati quelli che lavano le loro vesti per aver diritto all’albero della vita e per entrare per le porte della città!” (Ap. 22:14). L’albero della vita, il giardino d’Eden! Finalmente a casa!

Per ricevere lo studio completo dal titolo “Parole di conforto: le beatitudini apocalittiche”: assistenza@avventisti.it
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