NA - Notizie AvventisteFrancesco Zenzale – “L’angelo riprende il filo della storia della battaglia di Harmaghedon. Egli ci ricorda che Babele e il suo alleato, il falso profeta, sono stati gettati nel fuoco (19:20; cfr. 17:16; Dn 7:11). Nel racconto precedente, il falso profeta non veniva menzionato (17:16), perché il suo destino si fondeva con quello di Babele. Ora, si comprende che sono stati trascinati entrambi nello stesso castigo. Quanto agli altri, ‘i re della terra’, i poteri politici, sono stati ‘uccisi dalla spada che usciva dalla bocca di colui che era sul cavallo’ (19:21). Il castigo è diverso da quello che colpirà le bestie. Contrariamente alle bestie (la bestia che sale dal mare e la bestia che sale dalla terra o falso profeta) che sono gettate nello stagno di fuoco, i ‘re della terra’ sono attaccati dalla spada. Ogni potere è combattuto sul suo proprio terreno.

I poteri di natura religiosa sono annientati dalla potenza cosmica del Dio giudice. I poteri di natura politica sono vinti dalla potenza ‘militare’ del Dio degli eserciti. In questo caso, l’arma che porta il colpo fatale altro non è che la Parola di Dio. La storia del mondo iniziò per mezzo della parola creatrice di Dio (cfr. Gn 1:3; Gv 1:1-3); e ancora, sarà la sua parola a porvi fine. Essa può essere creatrice ma anche distruttrice. ‘… per effetto della parola di Dio, esistettero dei cieli e una terra tratta dall’acqua… mentre i cieli e la terra attuali sono conservati dalla medesima parola, riservati al fuoco’ (2 Pt 3:5,7). In ebraico, ‘la parola’ significa molto di più che un insieme di suoni articolati. Il termine davar (parola) significa anche storia. Essa è l’espressione vivente, storica e concreta della persona. Secondo la lettera agli Ebrei, ‘Dio ha parlato a noi per mezzo del Figlio’ (1:1). Il ritorno di Gesù Cristo, la discesa effettiva di Dio, è la sua parola più espressiva. È per questo che l’uomo non può sopportarla (cfr. Is 33:20; 1 Tm 6:16). Alla sua venuta, o si muore o si viene trasformati. Certo, la venuta di Dio significa per alcuni la trasformazione della propria natura (1 Cor 15:51,52), e per gli altri la morte” (J. Doukhan, Il grido del cielo, Adv, p. 214, 215).

Le parole che Gesù ha pronunciato nel suo discorso escatologico, ”Dovunque sarà il cadavere, lì si raduneranno le aquile” (Mt 24:28), che sembrano senza relazione con il contesto ed enigmatiche al lettore del’Vangelo, ottengono qui la loro piena spiegazione. Un angelo distinto da quelli che seguono il Cristo “che stava in piè nel sole”, che lo rende visibile a tutti gli sguardi, ripete l’invito agli uccelli di ogni specie e a tutte le bestie dei campi, come già il profeta Ezechiele aveva annunciato per quel giorno: “Riunitevi, e venite! Raccoglietevi da tutte le parti attorno al banchetto del sacrificio che sto per immolare per voi, del gran sacrificio sui monti d’Israele! Voi mangerete carne e berrete sangue. Mangerete carne di prodi e berrete sangue di principi della terra… Mangerete del grasso a sazietà e berrete del sangue fino a inebriarvi, al banchetto del sacrificio che io immolerò per voi; e alla mia mensa sarete saziati di carne di cavalli e di bestie da tiro, di prodi e di guerrieri d’ogni sorta” (Ez 39:17-20), e Giovanni aggiunge: “d’ogni sorta d’uomini liberi e schiavi, piccoli e grandi”.

Della triade satanica di Harmaghedon, Giovanni dice che la bestia e il falso profeta sono stati presi e gettati nel fuoco. Il dragone nella sua personificazione di Lucifero, di Satana è l’unico che viene lasciato in vita, perché dovrà rimanere ancora sulla terra. All’inizio del capitolo che segue, l’apostolo scrive: “… un angelo che scendeva dal cielo aveva le chiavi dell’abisso e una gran catena in mano. Ed afferrò il dragone, il serpente antico, che è il Diavolo e Satana e lo legò per mille anni, lo gettò nell’abisso che chiuse e sigillò sopra di lui…” (Ap 20:1-3).

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