Nessuna messa in suffragio di Rocco Sollecito, il boss della ‘ndrangheta ammazzato sette mesi fa in Canada, nella chiesa madre di Grumo Appula, paese in provincia di Bari, cosi’ come aveva deciso don Michele delle Foglie. Lo ha stabilito la questura di Bari che ha notificato un’ordinanza al parroco e al Comune.

La polemica era nata quando don Michele aveva annunciato con un manifesto la messa alla cittadinanza: “Dobbiamo inchinarci davanti al dolore dei parenti di questo signore – ha spiegato a Repubblica – e ricordarlo come tutti: davanti alla morte siamo tutti uguali. E nessuno puo’ dirmi per chi devo o non devo fare messa”.

Sollecito era un esponente di spicco del clan Rizzuto e il suo assassinio e’ da inquadrare all’interno della lotta tra mafia e ‘ndrangheta che si sta consumando in Canada: fu freddato da un killer, nascosto in un gabbiotto della fermata del bus, mentre guidava il suo Suv bianco. Il Questore di Bari, vista la caratura criminale, vieto’ nel giugno scorso i funerali a Grumo, obbligandoli a celebrarli all’alba. Una decisione che fece infuriare don Michele che mando’ una lettera di fuoco proprio al questore e anche all’arcivescovo.

Che ora ha ci ha riprovato: “Il parroco – si legge nei manifesti attaccati in citta’ – spiritualmente unito ai famigliari residenti in Canada e con il figlio Franco venuto in visita nella nostra cittadina, invita la comunita’ dei fedeli alla celebrazione di una santa messa in memoria del loro congiunto”. Franco, il figlio, e’ a sua volta considerato un esponente del clan.

“Al momento della morte di Sollecito – spiega a Repubblica don Michele – promisi loro che se fossero venuti in Puglia avrei celebrato una messa. Io ho il dovere di celebrare come pastore, non devono dire gli altri quando devo celebrare: le messe non onorano ma ricordano. Io sono un parroco di tutti quanti dei peccatori, mia nonna faceva celebrare le messe per tutti quanti. Questo signore e’ uno come tanti”.

Non esattamente, don Michele. Sollecito era considerato un pericoloso boss della criminalita’ organizzata. “Non c’entra niente. Sono morti punto e basta, il fatto che ammazzino non conta. La Chiesa deve pregare per i suoi figli, anzi più peccatori sono e più si deve pregare”. Immediato l’intervento della Questura.

Ne parliamo con Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto

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