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Nelle scorse settimane un’inchiesta parlamentare ha rivelato che in Svezia dagli anni Settanta ai primi del Duemila le adozioni dall’estero si sono svolte con diverse irregolarità. Portando il governo a proporre l’interruzione definitiva di questa pratica. Stoccolma si aggiunge così alla lista di Paesi europei che stanno rivalutando il sistema dell’adozione, spesso considerando scandali precedenti alla stipula della convenzione dell’Aja del 1993 su protezione dei minori e cooperazione in materia di adozione internazionale, che vincola gli Stati firmatari – di origine e accoglienza – a rispettare procedure operative rigorose per arginare un «mercato» di indifesi. I Paesi Bassi, per esempio, hanno deciso di porre fine nel 2021 alla pratica dopo un’indagine simile a quella svedese; in Norvegia uno scandalo ha rivelato che diversi minori provenienti da Ecuador e Corea del Sud furono sottratti con l’inganno; e ancora, nel 2023 il Belgio ha sospeso le nuove adozioni in seguito a irregolarità segnalate in Etiopia, Gambia, Haiti e Marocco; e anche la Svizzera ha deciso di fermarsi ed elaborare, entro il 2026, un progetto di legge per «tutelare i minori dal rischio di abusi». L’Italia, all’indomani dell’adesione alla Convenzione de l’Aja, ha vietato – unico Paese insieme alla Francia – le adozioni internazionali «fai da te», obbligando gli aspiranti genitori a rivolgersi a enti autorizzati. «Si tratta di compiere una rivoluzione culturale: dobbiamo cancellare una logica adulto-centrica e pensare che i bimbi non sono proprietà assoluta di chi li ha messi al mondo e hanno il “diritto di essere figli”, oggi non riconosciuto nemmeno dall’ONU»: a chiarirlo è Marco Griffini, presidente di Aibi (Amici dei bambini), l’associazione attiva nel combattere l’abbandono minorile con l’adozione internazionale e l’affido. «Ogni piccolo abbandonato è già morto dentro quando è stato lasciato solo, non sempre per motivi legati a guerra o fame. Non dimentichiamo che esistono anche tanti ragazzi con più di 18 anni che, dovendo abbandonare l’orfanotrofio, si ritrovano a vivere per strada, andando incontro a suicidi, prostituzione, delinquenza, nel disinteresse generale», aggiunge Griffini, padre di tre bimbi adottati: un italiano, un africano e un brasiliano. (…) Come riferiscono i dati raccolti dalla Commissione per le adozioni internazionali (Cai), in Italia nel 2024 sono stati 691 i minori adottati dall’estero (352 maschi e 339 femmine), con un’età media di 6,9 anni all’ingresso nel Paese, e 536 le coppie adottive, con 40,4 mesi intercorsi tra il conferimento dell’incarico e l’autorizzazione del minore (da “Adozioni estere, salvarle si può?” di Silvia Morosi, sul Corriere della Sera del primo luglio 2026).
Sulle difficoltà e gli aspetti positivi che comportano le adozioni internazionali, Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno intervistato Giuseppe Tomai, psicologo e psicoterapeuta che per diversi anni ha lavorato all’interno di équipe di specialisti che valutavano le coppie toscane candidate all’adozione internazionale.
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