G. Alexander Bryant – È trascorso un anno da quando la terribile pandemia di coronavirus ci ha colpito. Ognuno di noi può ricordare come si sia sentito mentre guardava, quasi sbalordito, il Paese (gli Stati Uniti, ndt) bloccarsi: uffici, chiese e ristoranti chiusi; sport professionistici cancellati; bambini mandati a casa a tempo indeterminato dalla scuola; cittadini tenuti a rimanere a casa; negozi di alimentari che esaurivano i generi di prima necessità; il disinfettante per le mani che scarseggiava; e i litigi tra le corsie per accaparrarsi la carta igienica. La pandemia ha portato alla recessione economica e l'insicurezza alimentare ha raggiunto un livello mai visto dalla Grande depressione. Abbiamo assistito a una reazione senza precedenti all'ingiustizia sociale e alla disuguaglianza. Negli ultimi mesi siamo stati testimoni di uno storico scisma politico che ha minacciato il tessuto della nostra democrazia così come la conosciamo.

Che senso hai dato a tutto questo come avventista del settimo giorno? Dio è preoccupato per questo mondo? Dio parla? Se sì, cosa ci sta dicendo? Quale messaggio hai ricevuto da tutto questo? Sono le domande che dovremmo porci.

Dio utilizza questi eventi per parlare alla sua chiesa e al suo popolo. Ci ha affidato un messaggio creato per il nostro tempo, un messaggio di speranza e integrità. Ed è proprio ciò che le persone cercano in questo periodo incerto. Un messaggio di speranza e integrità ma anche mani che si occupano dei bisogni e offrano sollievo è quanto le persone desiderano disperatamente.

Tutto questo non mi è mai stato così chiaro fino a pochi giorni fa quando, insieme a mia moglie, ho incontrato Danielle, una donna senza fissa dimora. Aveva bisogno di soldi per pagare una notte in un hotel Travelodge (che offre prezzi molto vantaggiosi per il pernottamento, ndt). Se non avesse avuto i soldi entro le ore 11, l'albergo avrebbe messo le sue cose fuori, nel parcheggio. Le ho chiesto cosa avrebbe fatto il giorno successivo se avessimo pagato per una notte, e lei ha risposto: "Uscirò e chiederò soldi di nuovo".

Mi ha raccontato la sua storia: il lavoro perso e una serie di circostanze sfortunate che hanno portato alla sua triste situazione attuale. Poi improvvisamente ha gridato: “Sono un essere umano”. E di nuovo: "Sono un essere umano”, mentre cercava di trattenere, senza successo, quello che sarebbe diventato un fiume di lacrime a inondarle il viso. Voleva convincersi di avere dignità e valore in quanto essere umano, e respingere gli sguardi di pietà, alcuni anche di disgusto, delle persone che la guardavano dall'alto in basso. E vi era chi non la guardava nemmeno.

Mia moglie ed io le abbiamo pagato una settimana di pernottamento nel motel, in attesa che si liberasse un posto in un rifugio per senzatetto. Probabilmente non rivedrò mai più Danielle, nondimeno ha lasciato un'impressione indelebile in me. Ho già offerto aiuto in passato, ma il grido "Sono un essere umano" risuona ancora nella mia anima, e parla con tanta forza a nome dei poveri dell'umanità.

Ci sono moltissime persone che si sentono impotenti e senza speranza a un livello che è raro in questo Paese. Dio ci ha dato un messaggio per Danielle e per milioni di altri individui in cerca di speranza. Forse in questo momento di grande agitazione, Dio ha attirato l'attenzione del mondo e le persone sono aperte all'ascolto e a entrare in dialogo in modi mai visti prima. Dio ha collocato la chiesa nel momento giusto e ci ha dato il messaggio giusto per questo tempo. Adesso dobbiamo viverlo e andare a donarlo agli altri! Ora è il tempo di vivere il nostro tema "Insieme nella missione!". Siamo chiamati per questo momento.

(Il past. G. Alexander Bryant è presidente della Regione Nordamericana della Chiesa avventista) 
[Fonte e foto: Adventist News Network. Traduzione: L. Ferrara]

 

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