Michele Abiusi – La scorsa settimana abbiamo parlato della lectio divina, definita anche la lettura pregata della Bibbia. Come possiamo far nostra una preghiera letta, così che diventi anche preghiera personale? Suggeriamo di leggere con sentimento e partecipazione il testo scritto; di soffermarsi sulle parole che si adattano alla nostra situazione e al nostro stato d’animo, meditandoci sopra; di provare a rivivere le esperienze del servitore di Dio e accodarsi a lui nelle richieste; di pronunciare un amen sentito per ogni richiesta che condividiamo con lo scrittore e che sentiamo particolarmente nostra.

La lectio divina non è quindi una lettura che procede solo dalla Bibbia al credente, ma anche al contrario, perché influisce nel trasformare la vita di coloro che vengono toccati da quanto leggono. La meditazione e la contemplazione del testo biblico, unito alla preghiera, fa sì che l’attenzione, l’intelligenza e la sensibilità vengano sollecitate in modo che anche un brano noto diventi come nuovo, trovando altri significati. Dobbiamo adattare a noi stessi ciò che leggiamo nella Bibbia, cercando di riviverne gli episodi e chiedendoci come avremmo risposto se ci fossimo trovati nelle medesime situazioni. Tutto questo processo di lettura-preghiera-meditazione porta alla trasformazione della personalità del credente secondo il modello scritturale, perché lo Spirito Santo opera nel cuore indirizzandolo verso i cambiamenti da adottare.

I quattro sensi della Bibbia
Nel leggere la Bibbia dobbiamo ricercare il significato originale del testo, così come veniva compreso dai destinatari primigeni del messaggio ispirato. Luoghi, personaggi, usi e i costumi dell’epoca, la mentalità semita, il contesto storico-culturale devono essere presi in considerazione e attentamente valutati. Vanno distinti quattro sensi biblici che danno significato al testo ispirato.
Il senso letterale. Quando leggiamo un testo della Scrittura, cogliamo lo svolgersi dei fatti trovando risposta alle domande fondamentali per capire le vicende: Chi? Cosa? Dove? Quando? Perché? Come? Il senso letterale è la base per la comprensione del testo biblico, poi seguono gli altri che approfondiscono lo studio.

Il senso allegorico. Ha attinenza con la fede per scoprire il mistero dell’agire di Dio che è nascosto a una lettura superficiale della Bibbia. Insegna ciò che si deve credere guardando con gli occhi della fede. Per non incorrere in errori di interpretazione, facili quando si va oltre il senso letterale delle cose, si deve prestare attenzione all’unità di insegnamento di tutta la Scrittura. Il senso allegorico va interpretato quando è presente nel testo, senza inventarselo.

Il senso morale. Ci insegna come comportarci ed è presente in tutte quelle indicazioni o esortazioni bibliche che incoraggiano il vivere retto come servitori di Dio. Lo possiamo cogliere ovunque nella Scrittura, ma trova la sua più alta espressione nei 10 comandamenti e nell’insegnamento di Cristo. L’apostolo Paolo lo sintetizzò così, identificandolo con la Bibbia stessa: “Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera” (2 Timoteo 3:16, 17, ND). Parola viva quindi, operante nelle nostre vite, che ci dà sempre la giusta direzione da seguire.

Il senso anagogico. Rappresenta il significato più profondo e nascosto delle Sacre Scritture. Ha attinenza con la nostra speranza, il significato della nostra vita e del nostro futuro. Anagogico è quindi pertinente a escatologico, cioè alla ricerca delle “ultime cose” o, per dirla biblicamente, degli “ultimi giorni”, che per il discepolo di Gesù coincide con la parusia del Signore (il ritorno di Gesù). Il senso anagogico del testo biblico ci fa chiedere: “Quale speranza posso nutrire oggi e in vista del futuro?”.

Il senso letterale è quello basilare da cui partire, non è mai la meta della lettura. Il fondamentalismo biblico ha le sue radici nella comprensione della Bibbia solo in senso letterale ma, come sa bene ogni serio studioso della Scrittura, si prendono colossali cantonate quando si limita l’intendimento della parola alla sola dimensione letterale. Perciò gli altri sensi permettono di approfondire, danno il senso spirituale, il vero significato di cui ha bisogno il lettore moderno così distante dai tempi in cui fu redatta la Bibbia.

I benefici della lectio divina
A livello personale e comunitario la lectio divina rappresenta il solo modo di accostarsi al testo scritturale perché risponde in pieno allo scopo per cui fu scritta la Bibbia: “perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:17). Nella lettura pregata della Bibbia adattiamo noi stessi al testo, riviviamo con partecipazione le vicende del popolo ebraico, la vita di Gesù e della neonata chiesa cristiana. Con l’apostolo Paolo siamo fulminati dalla luce accecante sulla strada per Damasco, partecipiamo con lui alla fondazione di intere comunità di discepoli e alle numerose avventure che visse insieme ai suoi collaboratori.

La molteplicità di esperienze di vita vissuta, narrate nella Scrittura, fa sì che ognuno di noi possa trovare aiuto nelle proprie necessità spirituali. In altre parole, si tratta di sviluppare un’intimità con la Scrittura che porta a rivivere e a partecipare con sentimento a ciò che si legge. Raggiungendo questa affinità, quando si legge un salmo, che sovente è una preghiera, le parole non sono più quelle del salmista, ma diventano le nostre, a tal punto ci immedesimiamo nei sentimenti dello scrittore.

La lettura pregata della Bibbia non è quindi importante per quanto ci fa avere, ma nella misura in cui ci trasforma in quell’uomo spirituale di cui tanto scrisse l’apostolo Paolo: “Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, per conoscere le cose che Dio ci ha donate … L’uomo spirituale, invece, giudica ogni cosa ed egli stesso non è giudicato da nessuno” (1 Corinzi 2:12, 15).

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