Pino Maniaci, direttore di Tele Jato, era un paladino della legalita’, accusatore di magistrati per la gestione dei beni confiscati. Ma ricattava i sindaci per far assumere la sua amante. Conteso da tutte le scuole italiane per raccontare la sua vita, le continue presunte minacce ricevute e la storia dei “Cento passi” di Peppino Impastato, modello al quale si ispirava, Maniaci adesso non potra’ nemmeno soggiornare nel suo paese accusato di estorsione «per aver ricevuto somme di denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto onde evitare commenti critici sull’operato delle amministrazioni». Si tratta pero’ di «cifre ridicole», come le ha definite lo stesso Maniaci la scorsa settimana, intervistato in Tv dalle Iene. Di volta in volta avrebbe «strappato» al sindaco di Borgetto e ad altri personaggi politici locali poche centinaia di euro, «pezzi da 100 o 150 euro». Il sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo e i suoi consiglieri si sarebbero addirittura autotassati pur di pagare lo stipendio all’amante di Maniaci, dopo un corso trimestrale non rinnovabile. E questo sempre per il timore di ricatti. Accusa pesantissima di un’inchiesta condotta dai carabinieri di Monreale e Partinico, sotto il diretto controllo del procuratore Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Vittorio Teresi e dei sostituti Francesco Del Bene, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia (da un articolo del Corriere della Sera del 4 maggio 2016 a firma di Felice Cavallaro). Al di la’ della vicenda di Pino Maniaci, il rischio e’ che la lotta alla mafia rischi di perdere di credibilita’. Ne parliamo con Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Antonino Caponnetto

Pino Maniaci

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