Francesco Zenzale – “Ed ecco, una mano mi toccò e mi fece stare sulle ginocchia e sulle palme delle mani. Poi mi disse: ‘Daniele, uomo molto amato, cerca di capire le parole che ti rivolgo, e àlzati nel luogo dove stai; perché ora io sono mandato a te’. Quando egli mi disse questo, io mi alzai in piedi, tutto tremante” (Da 10:10,11).

La visione è così intensa e sconvolgente che al novantenne Daniele non “rimase più forza; il suo (mio) viso cambiò colore fino a rimanere sfigurato e le forze lo (mi) abbandonarono” e cadde “assopito con la faccia a terra” (Da 10:8,9). Solo il tocco di una mano del cielo lo “fece stare sulle ginocchia e sulle palme delle mani” (vv. 10,11). Anche il novantenne Giovanni cadde come morto ai piedi del figlio dell’uomo, e come per Daniele, Gesù posò su di lui la sua mano destra ed egli rinsavì (Ap 1:17,18). La stessa esperienza è riscontrabile nel profeta Ezechiele dopo la visione della gloria di Dio: “quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava” (Ez 1:28).

Amo il modo in cui Dio si avvicina all’uomo! Delicato nel parlare e nel sostenere il vecchio Daniele, posando dolcemente la sua mano sulle arcuate spalle. Carezze! Tenerezze mediante le quali Dio trasmette il proprio consenso, la sua amicizia, il suo amore, il suo pensiero e la sua energia vitale. Gesti di riconoscimento che fluiscono dal suo amore in favore dell’uomo debilitato e affranto, offrendogli il diritto di esistere e di interloquire con l’Infinito.

Molti hanno un’idea fuorviante di Dio e ciò a causa dell’ambiente culturale-religioso in cui sono vissuti, dell’educazione ricevuta e in qualche modo dell’iconoclasta. Un Dio assente, austero ed esigente, amante di un’imparzialità giustizialista. Assetato di sacrifici o di spargimento di sangue mediante il quale concede misericordia. Questa è un’immagine proiettiva dell’uomo su Dio, che impoverisce la sua persona e il suo amore, che si esprime con quella tenerezza di cui il credente è manchevole.

Ispirandosi al modo in cui Dio ha cura delle sue creature e in particolare di coloro che lo amano, l’apostolo Paolo invita i credenti a imitarlo. “Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati; e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave” (Ef 5:1,2). Nella Lettera ai Romani, rende comprensibile il significato del camminare con lui nelle seguenti parole: “Quanto all’amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente […] Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge” (Ro 12:10; 13:8).

Scriveva l’autrice E. G. White: “molti considerano l’espressione del loro affetto come una debolezza e mantengono una riservatezza che li allontana dai loro simili. Questo modo di agire impedisce alla simpatia di manifestarsi. Quando si reprimono i propri slanci di affetto e rispetto, si diventa insensibili, e il cuore diventa arido e freddo. Facciamo attenzione a non compiere questo errore. L’amore che non si esprime si affievolisce. Non lasciate soffrire un cuore unito al vostro, trascurando di dimostrargli bontà e affetto”. – Sulle Orme del Gran Medico, Ed. Adv, p. 152.

Le tenerezze, le premure e le attenzioni trasformano un neonato in un fanciullo, un ragazzo in un adolescente, un giovane in un uomo o una donna e i credenti in fratelli e sorelle. Le carezze sono riconoscimenti reciproci che gli uomini e le donne si danno e che determinano la qualità della loro vita, della loro relazione con Dio, con sé medesimi e con gli altri.

Le carezze ci aiutano a dare all’esistenza quell’innocenza tipica di un bambino, quella capacità di sorprendere e di meravigliarci come giustamente Gesù ha ben evidenziato con le seguenti parole: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11:25; cfr. 18:10).

 

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