Francesco Zenzale – “Molti saranno purificati, imbiancati, affinati; ma gli empi agiranno empiamente, e nessuno degli empi capirà, ma capiranno i savi” (Da 12:10).

Esiste un’effettiva differenza tra gli empi e i figli di Dio. I saggi avranno la gioia di comprendere il valore profetico della profezia e “di risplendere come stelle in eterno”, quindi di godere della presenza di Dio, di Mika’el, il Salvatore. Gli empi, oltre a privarsi della conoscenza profetica, saranno destinati a vergogna ed eterna infamia, vale a dire alla morte eterna (cfr. Da 12:1-3; Ro 6:23).

Se da una parte i saggi si lasciano purificare, imbiancare e affinare in Gesù Cristo, comprendendo il significato di questa necessaria metamorfosi spirituale e caratteriale; dall’altra gli empi agiscono empiamente, inconsapevoli del loro destino eterno e del fatto che la loro attività non è in armonia con il cielo. Vivono nella presunzione di adempiere la volontà di Dio.

I saggi capiranno! Non gli apocalittici o i catastrofisti, quelli che vedono un’incollatura profetica in ogni evento storico e politico, religioso o ambientale, inducendo le persone ad accettare la salvezza per paura, privandoli di una relazione serena con Dio che è amore. Lo spirito che alberga nel cuore di questi visionari, che ispira tale lettura profetica, non è quello di Cristo. È umano, viene dal basso e non dall’alto. In altre parole, annunciano un vangelo frutto della loro visione della realtà e di una errata comprensione delle profezie. Predicano un altro Gesù, diverso da quello rivelato dagli apostoli (cfr. 2 Co 11:4; Ga 1:8-9).

I saggi capiranno! Perché hanno l’umiltà di lasciarsi ispirare da chi è l’autore e il cuore della profezia: Gesù Cristo. L’Apocalisse, nel quinto capitolo, esibisce “un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli”, che nessuno, “né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra”, è degno di aprire e guardare (Ap 5:1-3), tranne «il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli» (v. 5).

Ciò significa che il nucleo della profezia e di tutta la rivelazione è Gesù Cristo. “Voi investigate le Scritture, perché pensate d’aver per mezzo di esse vita eterna, ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me” (Gv 5:39). I saggi, ispirati da Dio, riescono a cogliere nelle profezie Gesù Cristo, il figliol dell’uomo, colui che cammina in mezzo ai candelabri d’oro (cfr. Ap 1: 12-13), che è presente nella storia della chiesa e dell’uomo, fino al giorno in cui ritornerà (cfr. Mt 28: 20). Essi ritengono che i “contorni” profetici siano da considerarsi relativi, perché non sempre è possibile collocarli a aventi, istituzioni e personaggi se non orientativamente.

I saggi capiranno! Perché credono e divorano la sola Scrittura, con senso di responsabilità, accettandone le prospettive e le conseguenze (cfr. Ap 10:8-11). Uomini e donne che onorano il Signore, avendo lo sguardo fisso sull’autore della salvezza (cfr. Ap 14:4) e non sugli eventi che, per quanto rilevatori temporali, secondo la prospettiva profetica, non devono mai disarticolare il credente da colui che era, che è e che viene (cfr. Ap 1:8).

Perciò, se pensassimo e parlassimo un po’ più di Gesù e un po’ meno di noi stessi e degli eventi profetici, potremmo beneficiare molto della sua presenza. Eleviamo i nostri cuori al Signore con canti di lode, con gratitudine e riconoscenza. Noi non sappiamo quando Gesù tornerà, ma possiamo onorarlo nel profondo del nostro cuore, applicando i suoi insegnamenti. La sua mano tenera e compassionevole è su di noi; il suo amore è profondo, intenso, premuroso, in esso e per esso siamo chiamati a vivere.

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