Francesco Zenzale – “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno” (Da 2:3).

Il significato di queste parole è legato alla testimonianza e al vangelo eterno, che deve essere proclamato a ogni tribù, lingua e popolo (Ap 14:6). Ciò significa che i saggi non sono persone attempate, intenti a riflettere sul passato, a emanare giudizi dopo aver vagliato parole e azioni alla luce di quello che altri saggi hanno scritto ispirandosi alla parola di Dio, come ad esempio il Talmud con il suo nucleo della Mishnah, un testo classico dell’ebraismo, secondo solo alla Bibbia.

I saggi non insegnano a praticare la giustizia secondo l’uomo, che è senza speranza, crudele e proiettiva (cfr. Mt 7:1-5), pervasa dalla fragile soggettività, da pregiudizi e da una comprensione errata del vangelo. Non idealizzano la giustizia, sono uomini e donne onesti e irreprensibili (cfr. Ap 14:5), che vivono secondo il desiderio di Dio (cfr. Mi 6:8), caratterizzato da un comportamento comprensivo e misericordioso, e da un’autentica e perenne testimonianza in favore della verità. In altre parole, di una ineguagliabile e meravigliosa persona: Gesù Cristo (cfr. Gv 14:6).

Spesso, i credenti fraintendono il senso primario dell’espressione “giustizia di Dio”, che nella lingua italiana indica imparzialità, onestà, rettitudine ed equità, con azioni epurative e giustizialiste, nei confronti di chi vive nel peccato, secondo personali criteri etici o dottrinali. Questi, emettono condanne che dovrebbero applicare a se medesimi.

Come l’apostolo Pietro, non hanno il senso delle cose di Dio, ma presumono di averlo (cfr. Mt 16:23). Tuonano nei confronti degli odierni Samaritani (cfr. Lu 9:54), pensando di fare un favore a Dio e alla comunità di appartenenza. Ma tralasciano quanto sia divino “fasciare quelli che hanno il cuore spezzato” dal peso del peccato, “consolare tutti quelli che sono afflitti” (cfr. Is 61:1-3) e non spezzare la canna rotta (cfr. Is 42:3).

Come Giona, fraintendono la misericordia di Dio e si rifiutano di andare a Ninive, non cogliendo quanto il Signore ami il mondo e il peccatore (cfr. Gv 3:16; Is 55:7; Ez 33:11). Si irritano per il ricino seccato, che non hanno nemmeno innaffiato, perché sono avulsi dalla misericordia.

I saggi risplenderanno perché vivono la giustizia che fluisce dal cielo. Per questo motivo, da perseguitati e non da persecutori, saranno abbattuti, travolti dalla crudeltà dei visionari.

“Cadranno per essere affinati, purificati e resi candidi” per il giorno in cui Mika’el sorgerà (Da 11:33-35). I saggi “son quelli che vengono dalla gran tribolazione, e hanno lavato le loro vesti, e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello” (Ap 7:14).

Il loro carattere risplenderà in eterno perché hanno vinto “per mezzo del sangue dell’Agnello, e con la parola della loro testimonianza; e non hanno amato la loro vita, anzi l’hanno esposta alla morte” (Ap 12:11).

“Or andate e imparate che cosa significhi: Voglio misericordia, e non sacrificio; poiché io non son venuto a chiamar de’ giusti, ma dei peccatori” (Mt 9:13).

 

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