Francesco Zenzale – “Egli si proporrà di venire con le forze di tutto il suo regno, ma farà un accordo con il re del mezzogiorno: nella speranza di indebolire il suo regno, li darà sua figlia per moglie; ma il piano non riuscirà e il paese non gli apparterrà” (Da 11:17).

È meraviglioso capire come la parola di Dio attraversa la storia e come quest’ultima acquista valore escatologico grazie alla voce profetica. Il testo introduttivo evidenzia che, nei tempi antichi, i conflitti politico-militari venivano risolti attraverso alleanze suggellate da matrimoni.

In un mondo come quello pre-romano, romano e medievale, connotati da una conflittualità endemica, le nozze tra i figli delle casate reali, nazionali e internazionali, non solo segnavano momenti di pace, utili agli interessi politici ed economici dei reali e della nobiltà, ma diventavano un modello di comportamento sociale, emulato nei grandi gruppi di famiglie di mercanti che, nel tardo Medioevo, usavano siglare così potenti accordi commerciali. Ad esempio, Tolomeo II, oramai avanti negli anni, per prevenire un ulteriore colpo di mano del suo avversario sulla Celesiria, contesa dai Seleucidi, pensò bene di accordarsi con Antioco II Theo. La pace fra i due sovrani fu suggellata da un matrimonio di Stato. Berenice, figlia di Tolomeo Filadelfo (il re del mezzogiorno) andò in sposa ad Antioco II Theo (il re del settentrione), dopo che questi ebbe ripudiato la prima moglie (e sorella) Laodice ed escluso dalla successione al trono il primogenito di lei, Seleuco.

Anche nelle cronache bibliche si può cogliere questa consuetudine. Il re Salomone concluse un’alleanza politica con l’Egitto sugellandola con il matrimonio: sposò la figlia del faraone (1 Re 3:1; 9:16). Successivamente, sempre con gli stessi fini, sposò donne maobite, amonite, idumee, sidone e ittite che lo indussero all’idolatria (1 Re 11:1-6). Acab sugellò l’alleanza politica con il re di Sidone sposando la figlia Izebel, la quale causò simili risultati nel regno del nord (1 Re 16:31-33).

Ma le alleanze che il testo biblico menziona (Da 11:6,17,22 e 23), hanno principalmente una valenza simbolico-escatologica e spirituale. Infatti, i re del nord e del sud rappresentano due forze o entità contrapposte: la prima di natura religiosa, l’altra di natura politico-umanista. Queste due realtà, benché distanti a causa della loro indole, hanno la capacità di promuovere accordi e compromessi dai quali fluisce un serio pericolo per la società e, soprattutto, per il popolo di Dio.

Possiamo cogliere questa funesta convivenza politico-religiosa sin dagli albori del cristianesimo. Il complotto che condusse Gesù sulla croce è l’emblema di quanto è successo nel corso della storia. Farisei, sadducei, zeloti, erodiani e romani, poteri politi e religiosi, uniti per porre fine all’esistenza di Gesù.

Chi non ricorda gli accordi o i compromessi stipulati nel corso dei secoli tra il potere ecclesiastico e quello temporale? Da Costantino ai nostri giorni, passando per le alleanze medievali su questioni come la legge, il controllo del territorio, gli esercizi del potere e perfino le idee filosofiche, il funesto connubio Chiesa-Stato è al quanto evidente.

Ma la profezia rileva un aspetto inquietante. Le alleanze tra i vari contraenti non saranno egualitarie. Come nella coalizione contro Gesù, anche in esse si evidenzia l’egemonia del potere ecclesiale, rappresentato dal re del settentrione (Da 11:36-40).

Di fatto, storicamente, la chiesa ha sempre avuto la meglio sui movimenti politici e umanisti, soprattutto nella rincorsa contro il popolo di Dio. In altre parole, la chiesa, simboleggiata dal re del settentrione, si è sempre affermata come un’istituzione credibile e di tutto rispetto grazie alla sua abilità politica che, soprattutto oggi, le vale il riconoscimento da ogni dove. L’apostolo Giovanni precisa che “l’adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello che è stato immolato” (Ap 13:8; cfr. 18:3).

Condividi