Francesco Zenzale – Settanta settimane d’anni “per stabilire una giustizia eterna” (Da 9:24).

La redenzione include sei aspetti fondamentali. I primi due riguardano la consapevolezza che l’individuo deve avere della sua natura, legata alla trasparenza nell’accettare la propria fragilità: “far cessare la perversità e mettere fine al peccato”. Questa cognizione è sollecitata dallo Spirito Santo (Gv 16:7-11). Gli ultimi quattro si riferiscono al modo in cui Dio riconcilia l’uomo a sé e all’universo: “per espiare l’iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo”. I primi due insegnamenti sono vissuti fuori del cerchio sacro, quale il santuario, i restanti nell’ambito del cerimoniale ebraico.

Abbiamo considerato i primi tre insegnamenti. In questa riflessione ci soffermeremo sul quarto aspetto: “stabilire una giustizia eterna”. Gli altri avremo il piacere di considerarli successivamente.

Simbolicamente ci troviamo nel cortile davanti all’altare degli olocausti e precisamente nel momento in cui tu e io, come pii israeliti, offriamo l’ennesimo sacrifico per i nostri peccati per essere dichiarati giusti agli occhi di Dio. Forse, qualche volta, è successo che non eravamo del tutto convinti delle disposizioni divine relative a tanto spargimento di sangue di animali. Eppure quel gesto cruento, che sgorgava dalla consapevolezza della nostra fragilità, rappresentava la nostra salvezza.

Abbiamo attraversato il tempo, secoli di storia e variegate vicissitudini, fino al giorno in cui qualcuno ha dato un senso definitivo a tutto ciò che facevamo. Allora abbiamo capito che solo Gesù, e una volta per sempre, ha stabilito una giustizia eterna. Infatti, “mentre ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio” (Eb 10:11-12).

Non più dunque una giustizia temporanea, ritualizzata ed espressa per mezzo di innumerevoli sacrifici e alla presenza del sacerdote, ma unica, ineccepibile, esterna ed estesa a tutti gli uomini (Eb 10:10). In tal senso Paolo specifica che “come con una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure, con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini” (Ro 5:18).

In breve, i sacrifici espiatori offerti nel santuario, prefigurativi di un futuro sacrificio unico e perfetto, procuravano soltanto una giustizia momentanea, perciò dovevano essere continuamente rinnovati (Eb 7:27; 9:12; 10:12). L’effetto del sacrificio perfetto, consumato sulla croce, sarà una giustizia perenne (Is 51:8; Ro 3:21,22; Fl 3:9).

Per vivere la dichiarazione d’amore “Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Ro 5:1), dobbiamo allontanarci dall’altare degli olocausti, in direzione del luogo santo, e avvicinarci al bacino di rame simbolo della purificazione, che si esprime, nel Nuovo Testamento, mediante il battesimo. “Voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Ga 3:27; cfr. Ro 6:1-5).

“In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3:5).

 

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