Francesco Zenzale – “In quel tempo sorgerà Michele, il grande capo, il difensore dei figli del tuo popolo; vi sarà un tempo di angoscia, come non ce ne fu mai da quando sorsero le nazioni fino a quel tempo; e in quel tempo, il tuo popolo sarà salvato; cioè, tutti quelli che saranno trovati iscritti nel libro” (Da 12:1).
Mi resta difficile credere che nessuno abbia mai avuto a che fare con l’angoscia. Con quella sensazione di oppressione che affligge il cuore, tale da non avere forza di vivere. Una sofferenza indicibile che promuove un forte senso di smarrimento e di paura.
Nell’Apocalisse, Giovanni descrive questa dolorosa emozione con le seguenti parole: “Il cielo si ritirò come una pergamena che si arrotola; e ogni montagna e ogni isola furono rimosse dal loro luogo. I re della terra, i grandi, i generali, i ricchi, i potenti e ogni schiavo e ogni uomo libero si nascosero nelle spelonche e tra le rocce dei monti. E dicevano ai monti e alle rocce: ‘Cadeteci addosso, nascondeteci dalla presenza di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello; perché è venuto il gran giorno della sua ira. Chi può resistere?’” (Ap 6:13-17).
Parole che amplificano quelle pronunciate da Gesù nel vangelo di Luca: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde” (Lu 21:25; cfr. Mt 24:29; Mr 13:24-26).
Gesù, nel sermone sugli ultimi tempi, fa un esplicito riferimento a Daniele (cfr. Mt 24:15) e interpella gli uomini con un linguaggio che riprende il testo di Daniele: “Perché allora vi sarà una grande tribolazione, quale non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà” (v. 21).
L’angoscia annunciata dai profeti e da Gesù è inesprimibile perché non si conosce la natura. Infatti, non c’è nessun precedente che ci permette un termine di paragone: “non ce ne fu mai da quando sorsero le nazioni fino a quel tempo” (Da 12:1) o “quale non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà» (Mt 24:21).
Uno dei motivi per cui è difficile comprenderla dipende dalla sua dimensione planetaria. Sono coinvolte le nazioni, i re della terra, i grandi, i generali, i ricchi, i potenti e ogni schiavo e ogni uomo libero. E soprattutto i figli di Dio.
L’eco più forte rimbalza nel libro di Geremia in cui la stessa espressione ebraica “tempo d’angoscia” appare tre volte su un totale di sei, in particolare al capitolo 30 dove è descritto come un evento eccezionale: “Ahimè, perché quel giorno è grande; non ce ne fu mai altro di simile; è un tempo di angoscia per In Giacobbe…” (Gr 30:7; cfr. 32:24-30). L’esperienza evocata, rappresenta l’angoscia del popolo di Dio nel tempo della fine.
In tal senso, scrive E. G. White, “Il periodo di angoscia e di sofferenza che si sta profilando all’orizzonte richiede una fede capace di sopportare la stanchezza, l’attesa e la fame; una fede che non venga meno neppure se duramente provata. Un periodo di grazia è accordato a tutti perché possano prepararsi per quel tempo. Giacobbe vinse perché fu perseverante e deciso. Tutti coloro che accetteranno come lui le promesse di Dio e saranno ferventi e perseveranti, riporteranno lo stesso successo. Chi non è disposto a rinunciare a se stesso, a pregare a lungo con fervore fino alla disperazione, per ricevere la sua benedizione, non potrà ottenerla. Lottare con Dio: sono pochi coloro che sanno cosa significhi! Sono pochi coloro che si lasciano attirare da Dio e lo cercano con tutta l’intensità di cui sono capaci! Quando una disperazione, che non si può descrivere a parole, si abbatte su chi prega, pochi sono coloro che si affidano alle promesse di Dio con fede incrollabile!”.
“Vegliate dunque, pregando in ogni tempo, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per accadere, e di comparire dinanzi al Figliuol dell’uomo” (Lu 21:36).