Francesco Zenzale – “Tu avviati verso la fine; tu ti riposerai e poi ti rialzerai per ricevere la tua parte di eredità alla fine dei tempi” (Da 12:13).

Il vissuto di Daniele è quello di un uomo, di un credente, catapultato in una realtà dai foschi contrasti, dove il male sembra che abbia il sopravvento sul bene e i vincitori sui vinti. Ma sin dall’inizio del suo percorso di vita a Babilonia si evince che la vittoria dei “malvagi” dei “prepotenti”, dei poteri ostili a Dio e ai suoi figli, è apparente. Daniele e i suoi compagni di viaggio, Anania, Misael e Azaria, compresi quelli non menzionati nel suo libro (Mardocheo, Ester, Nehemia, ecc.), risultano vincenti “su tutti i punti che richiedevano saggezza e intelletto, sui quali il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i magi e astrologi che erano in tutto il suo regno” (Da 1:20). E Daniele “continuò così fino al primo anno del re Ciro” (Da 1:21).

Nel dodicesimo capitolo, è un uomo sazio di anni e pieno di speranza. Sa che non avrà la gioia di tornare a Gerusalemme, ma nel suo cuore si sono insinuate nuove speranze. La vicinanza del figlio dell’uomo, vestito di lino, aveva infuso in lui la certezza che le promesse di Dio eccedevano le attese, riguardo al rimpatrio. Sgomento per il dramma umano tratteggiato dalle visioni, vissuto nell’incomprensione, è invitato da Gesù stesso, ad “avviarsi verso la fine”, nella consapevolezza che, dopo essersi riposato, si sarebbe rialzato, o risvegliato, dal sonno della morte, per poi ricevere l’eredità.

Non la Gerusalemme restaurata e un rimpatrio limitato nel tempo e nello spazio, in cui Israele doveva attuare un programma di riforma spirituale in relazione all’evento messianico (cfr. Da 9:24-27), ma la nuova Gerusalemme, quella che sarebbe scesa dal cielo come “una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21:1-2). Un rimpatrio che non riguardava solo Israele, ma il popolo di Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento. Al risveglio, “alla fine dei tempi”, Daniele e con lui tutti quelli che si sono addormentati in Cristo Gesù riceveranno la loro parte d’eredità.

Le agghiaccianti vicende umane e i conflitti a esse collegate, i disastri naturali con le loro drammatiche conseguenze, il tumulto delle nazioni e dei popoli che si avvicendano come un mare in tempesta, i regni e le istituzioni che si elevano con empietà al posto di Dio (esecrando i figli di Dio), che le parole non riescono a descrivere, fluiscono nel nulla. Perché, “il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto e che non cadrà sotto il dominio d’un altro popolo. Spezzerà e annienterà tutti quei regni, ma esso durerà per sempre” (Da 2:44).

“Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo” (Da 7:27). “Egli abiterà con loro, essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21:3-4).

“Rallegriamoci ed esultiamo e diamo a lui la gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello e la sua sposa si è preparata. Le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro; poiché il lino fino sono le opere giuste dei santi. E l’angelo mi disse: ‘Scrivi: Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello’. Poi aggiunse: ‘Queste sono le parole veritiere di Dio’” (Ap 19:7-9).

Condividi