Francesco Zenzale – “Dopo le sessantadue settimane un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui” (Da 9:26).

È sorprendente il modo in cui Daniele descrive l’opera maestra del regista occulto, nei capitoli 8 e 9. Il testo biblico ci informa che Satana, tramite i suoi interpreti terreni, agisce indisturbato offrendo l’idea che il trionfo del male è un processo inarrestabile. Il piccolo corno o il “re dall’aspetto feroce ed esperto in intrighi” (Da 8:9, 23), consolida il suo potere “non per la sua propria forza” (Da 8:24), ma grazie all’azione efficace di Satana (cfr. 2 Te 2:8-10). Agisce impunemente e con disumanità nei confronti dei figli di Dio e di Cristo, scompaginando la sua opera redentiva e gettando a terra la verità (cfr. Da 8:10-12). E infine, annette al suo medagliere la soppressione del Mâshiach (Messia).

Quest’ultimo aspetto è inquietante perché, sin dal giorno in cui Israele ritorna a “casa” con l’impegno di prepararsi per l’evento messianico, recuperando la relazione con Dio, restaurando il tempio e Gerusalemme (cfr. Da 9:24), il regista occulto attua una “governance” tale da indurre il popolo eletto non solo a rinnegare, ma a sopprimere il Messia, con la partecipazione dell’Impero romano.

La circoscritta comprensione politica sul Messia, l’ostilità coltivata nel corso della sua breve vita terrena, trasformatasi in cospirazione omicida (cfr. Mt 12:14; Mr 14:1; Gv 5:16), hanno segnato indelebilmente la storia di una nazione e di un popolo, amato e voluto da Dio. Nel corso dei secoli Israele è stato impropriamente accusato di deicidio.

Un Mâshiach sarà soppresso. L’espressione ebraica ikkaret indica una morte violenta, brutale (cfr. Ge 17:14; Le 7:20; 17:1,14; 18:29; 20:18; Za 13:8, 9). Ciò significa che dietro l’atto violento c’è odio esiziale, proponimento criminoso, volontà omicida, eliminazione dell’altro. Un modus vivendi che preclude ogni atto misericordioso, di compassione o di indulgenza. I capi religiosi avevano da tempo deliberato di ucciderlo (cfr. Gv 5:16,18; 7:1; Mr 14:1) e nel momento in cui Pilato cercava di liberarlo, perché lo riteneva innocente, gridarono: “Toglilo, toglilo di mezzo, crocifiggilo!” (Gv 19:12-15).

Di fronte a questo cruento sacrificio, sono pervaso dal silenzio, avviluppato dal dolore, dall’incomprensione e dallo sgomento. Ho paura! Ho paura dell’altro quanto di me stesso. Come può un uomo concepire tanta crudeltà nel nome di Dio? Percorro la storia e lo sconcerto si acuisce pensando alle persecuzioni, alle “sante inquisizioni” e alle crociate. Tutte nell’illusione di fare un favore a Dio, nel nome del crocifisso, di un Dio a misura d’uomo, terreno, giustiziere e violento. Mi soffermo sul califfato islamico (Isis) e sui variegati profili religiosi fondamentalisti estremi presenti nel cristianesimo, e sprofondo nell’angoscia. Mi resta difficile vivere! Penso e prego! Signore che io possa riconoscermi in te che hai deciso di amarmi nonostante la mia fragilità, che hai scelto di offrirmi la Parola (cfr. Gv 1:1-2, 14) mediante la quale posso vivere nella beata speranza di un regno di pace e di amore.

Verrà il giorno in Dio “giudicherà tra nazione e nazione e sarà l’arbitro fra molti popoli; ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri d’aratro, e le loro lance, in falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra, e non impareranno più la guerra” (Is 2:4).

 

Condividi

Articoli recenti