Michele Abiusi – “Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Filippesi 3:13-14).

Il credente non smette mai di correre. Pur essendo già stato afferrato da Cristo (v. 12) non è ancora giunto alla mèta, non ha ancora afferrato il “premio” atteso a fine corsa, il “premio della vita alla quale Dio ci chiama per mezzo di Gesù Cristo” (v. 14 Tilc). Dunque, continua a correre senza voltarsi indietro (“dimenticando le cose che stanno dietro”) e guardando fisso verso la meta (“protendendomi verso quelle che stanno davanti”»).

Ci sono in questi versi tre concetti sui quali vorrei che ci soffermassimo.

Dimentico 
Le cose che mi stanno dietro; il passato! Seppellire tutto ciò che ci ha fatto soffrire… 
Nel libro Il gran conflitto, la scrittrice cristiana Ellen G. White vede in questo testo il processo di santificazione. “L'opera della santificazione è progressiva” scrive e cita il testo di Filippesi 3:13-14, poi aggiunge “Coloro che sperimentano la santificazione secondo la Parola di Dio manifesteranno uno spirito di umiltà” – p. 274, edizione 2020.
Dimenticare il passato è associato al concetto di umiltà!

Corro 
La metafora sportiva della corsa compare anche in altre lettere dell’apostolo Paolo, per esempio quando dice: “Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo” (1 Corinzi 9:24).

Nel testo di Filippesi, però, anziché usare il verbo greco trécho (correre) Paolo utilizza (vv. 12 e 14) il verbo diòko, che significa letteralmente “perseguire”, “inseguire”, “cercare”. Per questo il teologo protestante Karl Barth afferma che il credente resta per tutta la vita un ricercatore (e una ricercatrice). Ma non cerca a casaccio.

Il credente è qualcuno “che corre, ma non alla ventura, che ‘fa del pugilato’ ma senza colpire nel vuoto” (1 Corinzi 9:26). Lo Spirito Santo fa del credente un essere umano che cerca “non nel vago e seguendo la fortuna del caso, ma che sa molto bene ciò che cerca e dove cercarlo – qualcuno che cerca, sì, ma le cui mani restano vuote, perché non ha ancora afferrato ma si sforza di afferrare il Cristo, colui che si è appropriato di tutto il suo essere. E lo Spirito Santo non permette all’uomo di ‘cercare’ in modo casuale e disperdendo le sue forze da ogni parte; di mettersi in cerca della sola cosa necessaria – la sua vita in Cristo – e al tempo stesso di qualunque altra possibilità di vita. L’istruzione che dà lo Spirito Santo consiste nel portare l’uomo tutto intero a concentrarsi su questa unica cosa necessaria” – K. Barth, Dogmatique, vol. 20, p. 401.

Mi protendo in avanti 
Il miglior uso che tu possa fare della tua vita è “investirla” per qualcosa che veramente dura. Essere credente è la cosa più bella che mi poteva capitare nella vita. La bellissima immagine del corridore dei versetti 13 e 14 esprime questa corsa appassionata verso la meta. 
Questa meta, nel linguaggio della competizione sportiva che qui Paolo adotta, è la “corona” del vincitore. Mi affascina pensare che la nostra “vittoria” stia nel correre sino alla fine verso quella vittoria che Gesù ha riportato in noi.

 

 

 

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