Nella chiesa, corpo di Cristo, tutti sono necessari.

Ashley Jankiewicz – Mentre cercavo di reprimere il panico crescente, il mio cuore iniziò a battere forte. Lacrime roventi e pungenti sgorgavano dagli occhi mentre ascoltavo attentamente le parole del predicatore. Sapevo che da un momento all’altro avrebbe pronunciato il temuto appello. 
“Se senti che Dio ti chiama, allora vieni qui davanti”. 
Orrore! 
Gli altri studenti intorno a me si sono alzati lentamente e hanno camminato verso il pulpito. Io lottavo tra la voglia di rispondere all’appello e la mia paura di andare davanti a tutti. Dal profondo del cuore, ho gridato a Dio di capire che stavo rispondendo dentro di me, e lo pregavo di togliermi la paura di ciò che pensavano gli altri. Mi sentivo come se stessi tradendo Dio, dato che non potevo fare questa cosa semplice che gli altri trovavano così facile, così esaltante; di non poterlo fare per Dio pur sapendo che i primi cristiani marciavano verso i leoni davanti a stadi pieni di romani urlanti.

È ciò che ho pensato per anni, fino a un sabato memorabile. A quel tempo, la mia chiesa contava 3.000 membri. Alla fine della predicazione, il pastore fece un appello. Cominciai a sentirmi nervosa e irrequieta sul mio posto. Inorridita, guardai mia madre e in qualche modo capì!

"Non devi andare davanti a tutti" sussurrò. 
"Non devo?” dissi sorpresa. In quel momento mi resi conto che bastava che rispondessi nel mio cuore perché la mia fede fosse reale.

L'esempio di Mosè 
La chiamata di Dio a Mosè è una delle mie storie bibliche preferite. Davanti alla presenza di Dio in un roveto ardente, Mosè esita quando il Signore gli dice di tornare in Egitto. “non sono un oratore… io sono lento di parola e di lingua” (Esodo 4:10). Dio gli assicura ancora una volta che sarà con lui. Nonostante tutto, Mosè è riluttante e implora Dio di mandare qualcun altro. E ricorda che ha vissuto nel deserto per 40 anni. Personalmente, trovo difficile tenere una conversazione dopo solo pochi mesi di lockdown… Allora che dire di Mosé dopo 40 anni? Lui, che prende d'assalto il palazzo e accusa il Faraone? Anch'io avrei pregato Dio di cambiare idea! Alla fine, Dio dice: “Non c'è Aaronne tuo fratello, il Levita? Io so che parla bene. E, per l'appunto, egli esce a incontrarti… Tu gli parlerai e gli metterai le parole in bocca. Io sarò con la tua bocca e con la sua bocca e vi insegnerò quello che dovrete fare” (vv. 14, 15).

Dio sa di chiamare qualcuno che non si sente all'altezza. Ma poiché comprende i punti di forza e di debolezza di Mosè, ha già messo in atto l'aiuto di cui quest'ultimo avrà bisogno.

Competenze diverse 
L'introverso porta nella chiesa un insieme di abilità molto diverse rispetto all'estroverso. Entrambi hanno punti di forza e di debolezza, ed entrambi sono ugualmente importanti. Mentre gli estroversi possono essere quelli che salutano le persone alla porta o i predicatori che fanno applaudire l’assemblea, gli introversi lavorano dietro le quinte. Probabilmente preferiscono scrivere piuttosto che parlare, suonare la chitarra piuttosto che cantare. Che siamo introversi o estroversi, siamo tutti parte del corpo di Cristo! Mentre alcuni di noi sono bocche, altri sono orecchie. La chiesa ha bisogno degli uni quanto degli altri.

(Ashley Jankiewicz è una studentessa dell’Avondale Adventist University in Australia)

[Fonte: Bia francese/Adventist World. Traduzione. L.Ferrara]

 

 

 

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