Francesco Zenzale – Ho il piacere di vivere a ridosso del Lago di Pusiano e di essere circondato da meravigliose montagne. Alzando lo sguardo verso il Cornizzolo,1 posso vedere sulla cima del monte una croce. In passato, quando la salute me lo permetteva, ho avuto la gioia di sedermi ai suoi piedi, adesso mi limito a guardarla tutti i giorni, pensando a Gesù.

Forse il mio pensiero è sclerotico, privo di mobilità, perché non riesco a staccarmi, simbolicamente, dai piedi della croce di Cristo. Penso alla sua persona e fantastico nel vederlo mentre cammina, parla, guarisce, risuscita, ecc. Poi il pensiero si sofferma sulle ultime ore della sua vita. Lo vedo nell’orto degli ulivi angosciato, in preghiera e in compagnia dell’angelo che lo incoraggia, illustrandogli i risultati del suo sacrificio (Luca 22:43; cfr. Isaia 53). Scorgo il perfido bacio del traditore, la spada tagliente di uno degli apostoli e la delicata mano di Gesù che raccoglie l’orecchio, guarendo chi era andato da lui per arrestarlo (Luca 22:49-50).

Sono sbigottivo e confuso! Mai un uomo avrebbe agito in quel modo! Non si tratta solo di porgere l’altra guancia, ma di fare del bene a chi ti sta arrestando e di lasciare che faccia di te quel che vuole, pur avendo la possibilità di agire con dodici legioni di angeli (cfr. Matteo 26:53) o scappare. Ma quella era l’ora dei persecutori, dell’oscurità spirituale e morale. E lui lo sapeva! (cfr. Luca 22:52-53).

Quest’ora dei malvagi che devono disporre della mia vita secondo criteri iniqui e violenti, faccio fatica a comprenderla e ad accettarla. Soffro terribilmente e provo un profondo senso di giustizia quando le tenebre soggiogano la luce spirituale. Eppure, sta scritto “beati” i perseguitati e gli insultati (cfr. Matteo 5:1 e segg.). È uno strano percorso di vita quello del credente! Il desiderio di pace e di fratellanza è ignorato e calpestato dal buio morale. Triste! Ma vero.

Volgendo lo sguardo alla croce fissa sul monte, come segno di tradimento e di speranza per tutti, mi ritrovo nell’atrio della corte, dove albergava Pilato. Ascolto i suoi deboli tentativi di liberarlo, la sua arrendevolezza di fronte alla gente inferocita che gridava: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!» (Luca 23:21). Poi, avvolto anche lui dall’ombra del male, pone la ciurmaglia di fronte all’ineluttabile scelta: «Gesù o Barabba?».
«Barabba!».
Che rabbia… che amarezza!

Un re o un governante senza forza morale, che non sta dalla parte della giustizia e della verità, è un uomo senza valore. Un perdente! Tale è stata l’esperienza di Pilato! Devo essere sincero! Delle volte, preso da chissà quale paura, forse quella di non sentirmi emarginato, anch’io ho avuto serie difficoltà a stare dalla parte di Cristo.

Lasciandomi alle spalle il disagevole atrio, mi avvio lungo il sentiero che conduce al luogo del teschio, cercando di stare vicino a Gesù. Non voglio perderlo di vista! È vero sono di vetro frangibile, ma quell’uomo sfigurato, che s’è fatto carico della mia esiguità, non mi ripugna (cfr. Isaia 53). Gli voglio bene! Cade e si rialza a causa dell’angoscia, dell’afflizione e della spossatezza fisica. Finalmente arriva Simone il cireneo (cfr. Mt 27:32), che allieva la sua sofferenza caricandosi forzatamente la croce. Non gli apostoli o uno dei suoi discepoli, ma un cireneo. Uno straniero! Onestamente, i suoi lo avevano rifiutato dall’inizio della sua missione. Alla nascita era stato costretto a rifugiarsi in Egitto: volevano ucciderlo. In Giovanni si legge che «È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto» (Gv 1:11).

Nonostante l’aiuto di Simeone, procede sul sentiero pietroso come se fosse ubriaco. Vorrei avvicinarmi, sorreggerlo e mitigare il suo dolore con un sorso d’acqua. Impossibile! Quell’amaro calice deve berlo da solo! Non c’è spazio per l’uomo! Solo lui poteva farsi carico del dramma umano e risolverlo per sempre. La grazia che zampilla dalla croce appartiene a Dio (cfr. Salmo 3:8; Apocalisse 7:10).

Eccomi sul Golgota. Francamente non vorrei esserci. È uno spettacolo orribile oltre che iniquo. Martelli, chiodi e corde. Esausto, Gesù è adagiato sulla croce. I chiodi penetrano la sua carne che trasuda acqua e sangue. Poi, lo sollevano come se fosse uno dei peggiori criminali.

Cerco di capire, di riflettere sul perché di tanta ingiustizia e crudeltà, ma la ragione è oscurata dalle emozioni e dal mio peccato. Le parole «questo è il corpo dato per voi, e il mio sangue versato per voi» (cfr. Luca 22:19-29) acquisiscono corporeità. Vorrei accarezzare quel corpo inerte e insanguinato, ma ho paura. Sono impuro e indegno! E come Pietro lo invito ad allontanarsi da me (cfr. Luca 5:8). Non può. Dalla croce non sarebbe sceso vivo, ma morto, per poi essere oscurato dalla pietra sepolcrale. È il trionfo del male, dell’ingiustizia e del nulla. Chi ha l’autorità e la capacità di porre fine all’ora delle tenebre? Nessuno! Se non chi ha il potere di deporre la vita e di riprenderla (cfr. Giovanni 10:18).

Con il capo reclinato, mi distanzio ripercorrendo quella ruvida mulattiera. Scorgo delle macchie di sangue: è il suo sangue! Le nuvole sovrastano il sole e il cielo diventa oscuro e piange: anche gli angeli piangono! Sono molto debilitato, vacillo, cado sulla terra bagnata e piango irrefrenabilmente! Poi, come un bambino angosciato in cerca di aiuto, rivolgo lo sguardo al cielo, tentando di superare l’oscurità del mio cuore. Voglio vedere le lacrime di Dio! Dal cielo tenebroso uno squarcio di luce illumina il mio volto: Dio sta piangendo! Lacrime di sofferenza che sgorgano da un’inesauribile misericordia. All’improvviso, come se fossi avvolto dallo stesso mistero dell’incarnato, ascolto la sua tenera voce: «Ti amo, come amo mio figlio che è morto per te». «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! […] io sono il Signore, il tuo Dio […] tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo» (Isaia 43: 1-4).

Nota
1 Il Cornizzolo è una delle più famose vette del triangolo lariano, con la sua enorme croce che svetta sulle Prealpi e sui laghi dell’Alta Brianza. Il monte Cornizzolo, (Curnisciöö nel dialetto locale) è una montagna alta 1.241 m. A circa 1.100 m s.l.m., vi è il rifugio Marisa Consigliere, aperto ogni domenica durante tutto l’anno e tutti i giorni nel mese di agosto. È famoso tra gli appassionati di deltaplano e parapendio, perché presenta un campo di decollo accessibile quasi tutto l’anno, dove da diversi anni vengono organizzate competizioni sportive di livello internazionale.

Pubblicato in omaggio e memoria dell’autore.

[Immagine: Wikipedia]

 

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