Francesco Zenzale – Molti studiosi di fede evangelica favoriscono un singolare siparietto tra i due testamenti, affermando che la salvezza si conseguiva mediante l’osservanza della legge nell’Antico Testamento e per grazia, in virtù del sacrificio sostitutivo di Cristo, nel Nuovo Testamento. Questa ingiustificata contrapposizione è consequenziale a un’inesperta conoscenza biblica. Infatti, è sufficiente leggere il Vangelo di Matteo,1 come anche tutti gli altri libri e in particolare l’Apocalisse,2 per comprendere quanto il vecchio sia presente nel nuovo. Gesù stesso, sulla via di Emmaus, parla di sé e della sua opera a partire da Mosè: “Queste sono le cose che io vi dicevo quando ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi” (Luca 24:44; cfr. Luca 18:31; Giovanni 12:16). Così anche l’apostolo Paolo (cfr. Atti 13:29 e segg.; 24:14).

Ciò significa che l’Antico Testamento ha valore propedeutico a Cristo (cfr. Giovanni 5:39) o, se vogliamo, al Nuovo Testamento. Pertanto, il Dio della grazia che anticamente aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, “in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Ebrei 1:1-2) che è la rivelazione per eccellenza della sua grazia.

È dunque inesatto pensare che la legge sia contrapposta alla grazia. A meno che non si creda che la legge abbia qualche virtù salvifica. In tal senso è sufficiente leggere quanto scrive l’apostolo Paolo nella Lettera ai Galati per eliminare ogni dubbio. Egli afferma che non c’è stata data “una legge capace di produrre la vita”, se ciò fosse vero, allora sì, la salvezza sarebbe venuta dalla legge. Ma “la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto peccato, affinché i beni promessi sulla base della fede in Gesù Cristo fossero dati ai credenti” (Galati 3:21-22). Pertanto, la legge è “come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede” (v. 24).

Scrive Richard Rice: “Come modello immutabile di giustizia, la legge definisce e condanna il peccato. Senza la legge non avremmo conosciuto cos’è il peccato (cfr. Romani 7:7,13; 1 Gv 3:4). É la legge a far sì che il peccato sia peccato. Ma, rivelando il carattere del peccato, la legge condanna pure il peccatore mostrando che merita di morire. Ironicamente, dunque, ciò che è originalmente e fondamentalmente fonte di vita diventa strumento di morte nelle mani del peccato. Come Paolo dice, ‘il comandamento ch’era inteso a darmi vita, risultò che mi dava morte’ (Romani 7:10). Poiché il peccato distrugge la capacità di osservare la legge, la legge non costituisce per il peccatore un mezzo per diventare giusto. Essa rivela che c’è un problema molto serio, ma non offre alcuna soluzione (cfr. Romani 3:20). Ci lascia semplicemente con una condanna a morte pendente sul nostro capo. Questo spiega perché Paolo fosse così preoccupato quando dei credenti si volgevano alla legge nel loro tentativo di guadagnare la salvezza (cfr. Galati 3:1-3). Essi cercavano di essere salvati da qualcosa che avrebbe potuto soltanto condannarli (cfr. 1 Corinzi 15:56). La salvezza deve giungere da una fonte diversa dalla legge. E cosi è. In Gesù Cristo, la giustizia di Dio si manifesta ‘indipendentemente dalla legge’ (Romani 3:21)” – R. Rice, The Reign of God, p. 183).

In breve, l’opera della grazia è proprio quella di stabilire saldamente la legge nel cuore dell’uomo, di scolpirgliela nel cuore, come dice la Bibbia con espressione efficace (cfr. Ebrei 10:10-11). Il credente adempie non “per essere salvato”, ma “perché è salvato”. L’adempimento della legge non è “un mezzo” di salvezza, ma “una conseguenza” di questa salvezza che è grazia ricevuta mediante la fede. Così, passando dal regime della condanna della legge a quello della grazia, il cristiano non è sotto la legge senza la grazia, né sotto la grazia senza la legge, ma “sotto la grazia con la legge”.

Note
1 Possiamo cogliere circa 70 citazioni.
2 Ci sono più di 500 citazioni dell’Antico Testamento e numerosissime allusioni ai vangeli e alle lettere dell’apostolo Paolo (Corinzi, Efesini, Colossesi, Tessalonicesi). Conseguentemente, è un’illusione voler comprendere l’Apocalisse, senza una buona conoscenza degli altri libri della Bibbia, da cui sono state estratte le citazioni, in particolar modo Daniele e Ezechiele.

 

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