Francesco Zenzale – Nella Lettera ai Romani, Paolo fa presente che “se per la trasgressione di uno solo, molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti” (5: 15).1

Questo confronto fra Adamo e Gesù pone tre specifiche domande. Il secondo Adamo, Gesù, aveva la natura umana di Adamo prima o dopo il peccato? Fino a che punto il figlio di Dio era veramente uomo in relazione all’umanità soggetta al peccato? Qualora non fosse stato soppresso, sarebbe invecchiato e quindi morto come uno di noi, oppure essendo trovato innocente sarebbe stato trasportato in cielo?

Nel corso dei secoli, i teologi hanno espresso conclusioni contrapposte in riferimento a Gesù come secondo Adamo. Alcuni credevano che avesse la natura di Adamo prima del peccato, altri quella dopo la caduta. Se pensiamo che Gesù abbia incarnato l’Adamo prima del peccato, ci troveremmo di fronte a una serie di problematiche di difficile comprensione ai fini della salvezza e della stessa natura umana di Gesù.

Adamo, prima di rivendicare la sua autonomia nei confronti di Dio, è stato creato adulto, dalla polvere della terra (cfr. Genesi 2:7) e sin dall’inizio ha avuto la gioia di vivere nella prospettiva eterna.2 L’albero della vita rappresentava il simbolo della sua eterna “giovinezza”, che Dio avrebbe garantito qualora con fiducia avesse scelto di vivere nel tempo e nello spazio a lui destinati. Gesù, al contrario, non è nato emancipato, direttamente dalle mani di Dio e dalla polvere della terra. Non gli è stato soffiato nessun alito di vita per muoversi nel tempo e nello spazio edenico e con l’albero della vita a sua disposizione, benché fosse lui stesso la vita (cfr. Giovanni 14:6). Gesù è nato ed è cresciuto come Abele, Caino, tu e io, sotto l’egemonia del peccato e di tutte le sue conseguenze degenerative che ineluttabilmente evidenziano la caducità dell’umana esistenza.

Per Adamo la morte è subentrata a causa del peccato e quindi se Gesù fosse nato secondo l’Adamo prima della trasgressione, per morire avrebbe dovuto peccare. Il profeta Isaia ci informa che Gesù è innocente (cfr. Isaia 53:9). Non ha sofferto o è morto per le proprie colpe. Inoltre, il testo evidenzia che è stato “trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità” (v. 5). Quindi le sue sofferenze e la sua morte sono a beneficio di altri… “di noi”. L’autore della Lettera agli Ebrei ci informa che Gesù “è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” (4:15).

In vista della salvezza noi avevamo bisogno di un sommo sacerdote che simpatizzasse con noi nelle nostre debolezze, senza che cedesse alla tentazione, affinché potessimo accostarci “con fiducia al trono della sua grazia per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno” (Ebrei 4:16). Pertanto Gesù è nato con tutto ciò che implicava il peccato di Adamo. Ciò significa che il suo ipotizzabile “vicariato” deve essere compresso nell’ottica umana e non divina. Nel senso che Gesù si è fatto uomo – “uno come noi” – per porre fine all’uomo fragile e alienato da Dio.

L’apostolo Paolo ci informa che il Signore ha sconfitto la morte “mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne” (Romani 8:3). E siccome “siamo stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua” (Romani 6:5).

 

Note

1 Per una maggiore comprensione leggere del capitolo 5 i versetti da 12 a 20.
2 Non ci è dato di conoscere il modo in cui la vita, o l’umanità, si sarebbe evoluta se Adamo non avesse peccato. Rimane un mistero.

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