Francesco Zenzale – La Bibbia dice che Gesù è nato, è cresciuto ed è morto come uomo secondo l’Adamo dopo il peccato, soggetto alla natura deturpata dal peccato. Questo pensiero potrebbe indurci a ipotizzare che Gesù fosse destinato, dal giorno della sua nascita, a morire comunque per vecchiaia o per morte violenta o in un altro modo.

L’ipotesi che Gesù potesse morire di vecchiaia è deviante, pari a quella riguardante il futuro di Adamo – e dell’umanità – qualora non avesse peccato. Non abbiamo alcun riscontro e pertanto è un’ipotesi priva d’importanza. Inoltre, essa non tiene conto del fatto che Gesù – come lasciano intendere i vangeli – fosse ben consapevole del percorso molto breve della sua vita, sia in funzione della sua missione, sia perché il mondo odia ciò che non gli appartiene (cfr. Giovanni 7:7; 15:18; Marco 14.41; Giovanni 13:1), sia perché lo scopo fondamentale di Satana era quello di indurlo a peccare, perché solo in quel modo il suo regno di sofferenza e di morte avrebbe trionfato. Satana sapeva molto bene che la morte di Gesù da innocente avrebbe posto fine alla sua esistenza e al suo regno (cfr. Matteo 4:1 e segg).

Inoltre, le Scritture ci inducono a credere che Gesù sia stato ucciso perché la sua purezza morale e spirituale,1 la sua trasparenza e armoniosa relazione con il cielo (cfr. Matteo 26:42; Giovanni 4:34; 6:38; 10:30) costituivano un’aperta denuncia all’ipocrisia degli uomini del suo tempo, della loro religiosità come anche della nostra. E così, “Caiafa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: ‘Voi non capite nulla, e non riflettete come torni a vostro vantaggio che un uomo solo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione’” (Giovanni 11:49-50).

Queste sue peculiarità caratteriali, innegabilmente, pongono Gesù su un piano superiore rispetto a noi. Egli è “separato da noi peccatori”, non perché nato con la natura umana dell’Adamo prima del peccato, ma perché “santo, innocente, immacolato” (Ebrei 7:26).

Tuttavia, esiste una reale difficoltà nel comprendere la natura umana di Gesù; soprattutto in considerazione del suo concepimento per opera dello Spirito Santo. Se da una parte la Parola si fa carne, dall’altra essa è circondata dal mistero. Gli autori del Nuovo Testamento non svelano questo enigma. E se la sua nascita soprannaturale abbia determinato una sostanziale differenza fra la nostra e la natura umana di Gesù, non si esprimono. Certamente ci sono numerosi testi che avvicinano Gesù all’Adamo dopo il peccato, tuttavia è saggio non dissolvere, con presunte certezze, il beneficio del dubbio.

Senz’altro, come scrive l’autrice Ellen G. White, “con la sua umanità, Cristo si è unito agli uomini, mentre con la sua divinità siede sul trono di Dio. Come Figlio dell’uomo ci ha dato un esempio di ubbidienza; come Figlio di Dio ci rende capaci di ubbidire”. E ancora: “L’umanità del Cristo si unisce alla nostra umanità, e la nostra umanità si unisce alla sua divinità. In questo modo, attraverso l’opera dello Spirito Santo, l’uomo diventa partecipe della natura divina ed è accolto tramite il Figlio di Dio”.2

Note
1 Rivolgendosi a coloro che volevano lapidare la donna adultera, Gesù afferma che nessuno è senza peccato. Riferendosi invece alla sua persona afferma: “Chi di voi mi convince di peccato?” (Giovanni 8:46). Il suo traditore, in presenza dei suoi aguzzini dichiarò: “Ho peccato, consegnandovi sangue innocente”. Ma essi dissero: “Che c’importa? Pensaci tu” (Matteo 27:4). Così anche Pilato: “Avete fatto comparire davanti a me quest’uomo come sovversivo; ed ecco, dopo averlo esaminato in presenza vostra, non ho trovato in lui nessuna delle colpe di cui l’accusate” (Luca 23:14). “Pilato uscì di nuovo, e disse loro: ‘Ecco, ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa’” (Giovanni 19:4).

2 E. G. White, La Speranza dell’uomo, Ed. Adv, Firenze, 1998, pp. 12, 519.

Condividi

Articoli recenti