Francesco Zenzale – Considerando che Gesù è l’Emmanuele, “che tradotto vuol dire: ‘Dio con noi’” (Matteo 1:23), la grazia umanizzata, è saggio esaminare la sua natura, soprattutto quella umana. Era stato annunciato dai profeti che il Signore avrebbe agito personalmente in favore dell’umanità (cfr. Ebrei 1:1-2), ma nessuno del suo tempo si aspettava che avrebbe operato come uomo o, secondo quanto affermato dal profeta Isaia, come servo. Farisei, sadducei e tutto il popolo si aspettavano un Messia politico, un guerriero, “una divinità” capace di porre fine al dominio romano e inaugurare, con la violenza, un nuovo ordine mondiale. Gli apostoli, al quanto ambiziosi, gareggiavano per essere fra quelli che avrebbero invaso la “stanza dei bottoni” (cfr. Matteo 20:21; Marco 9:33-37). Ma si sbagliavano!

Le loro aspettative furono disattese, la delusione li indusse da allontanarsi da Gesù e ad aver paura di morire come il loro Maestro. Le parole dei due discepoli sulla via di Emmaus esprimono con chiarezza il loro stato d’animo: “Noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele; invece, con tutto ciò, ecco il terzo giorno da quando sono accadute queste cose” (Luca 24:21).

Finanche di fronte alla tomba vuota faticavano a credere nel risorto e nella risurrezione dei morti. Tutto diventava strano, nebuloso, incerto. “È vero che certe donne tra di noi ci hanno fatto stupire; andate la mattina di buon’ora al sepolcro, non hanno trovato il suo corpo, e sono ritornate dicendo di aver avuto anche una visione di angeli, i quali dicono che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato tutto come avevano detto le donne; ma lui non lo hanno visto” (Luca 24:22-24).

Il dolce e determinato rimprovero di Gesù era appropriato: “‘O insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette! Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?’. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (Luca 24:25-27).

Forse anche noi, come gli apostoli, siamo ottenebrati dalle nostre convinzioni religiose, ancestrali e culturali. Queste ci impediscono di avere una corretta visione di Gesù, del valore esistenziale delle profezie, dell’altro e della stessa nostra esperienza di vita.

Comunque, noi crediamo in Gesù, siamo convinti che è veramente l’Emmanuele (cfr. Isaia 7:14), Dio con noi. Una straordinaria affermazione dietro la quale si cela il mistero della natura di Gesù: vero Dio, vero uomo. Questa è una delle tante dichiarazioni teologiche che possiamo cogliere implicitamente e con modalità diverse nella Bibbia, concernente la natura di Gesù. Indubbiamente sarà oggetto di attenta riflessione nei secoli avvenire, perché fa parte di quel mistero che avremo la gioia di comprendere solo dopo la beata speranza del suo ritorno.

Nell’attesa, innegabilmente, da una parte le Scritture presentano Gesù parte della natura divina tutte le volte che cercano di farci entrare nel mistero della sua persona; dall’altra, ci offrono la possibilità di cogliere la sua umanità quale unico e vincolante atto che Gesù poteva percorrere per porre fine al peccato ed essere per l’umanità ormeggio di salvezza, in qualità di vittima e sommo sacerdote.

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