Francesco Zenzale – In occasione dell’ultima piaga, motivata dall’ostinazione del faraone d’Egitto, che avrebbe colpito i primogeniti (cfr. Esodo 11:4-8), prima del giorno della liberazione, gli Israeliti sono invitati a compiere due atti di fede:
– sgozzare un agnello e spruzzare il sangue sugli stipiti e sull’architrave della porta come segno dell’accettazione per fede del dono della vita in favore dei primogeniti;
– arrostire l’agnello con la testa, le gambe e le interiora, e mangiarlo con pane azzimo ed erbe amare, senza lasciare alcun avanzo fino la mattina. Mangiarlo in fretta, con fianchi cinti, i calzari ai piedi e il bastone in mano pronti per partire (cfr. Esodo 12: 5-11).

Questi due gesti di fiducia sono intimamente legati al concetto di redenzione-liberazione in opposizione alla morte, quella dei primogeniti, e alla schiavitù etica, sociale e spirituale del popolo d’Israele. La Pasqua (Pesah, deriva dal verbo pâsah, che significa “passare oltre”), racconta il modo in cui Dio intendeva affogare la morte e la schiavitù del peccato, offrendo all’umanità la gioia della salvezza.

L’apostolo Paolo evidenzia che “la nostra pasqua è Cristo” (1 Corinzi 5:7). Ciò significa che Cristo ha pienamente realizzato quello che la Pasqua rappresentava. In Cristo, la morte è stata sommersa nella vittoria (cfr. 1 Corinzi 15:54-58) e in lui siamo anche stati liberati dalla schiavitù del peccato (cfr. Galati 5:1; Apocalisse 1:5). È iniziato un nuovo esodo, un convoglio di uomini e donne, con animali domestici e ogni altra cosa, disposti ad attraversare il mare e intraprendere un percorso di vita che conduce alla terra promessa: al regno di Dio.

In questo nuovo itinerario, Gesù ha voluto lasciare un segno della sua esperienza umana: l’eucarestia, ovvero un rendimento di grazie (cfr. Luca 22:14-19). Come la Pasqua, anche questo segno della sua presenza è caratterizzato da tre elementi: il pane, il vino e l’acqua (cfr. Giovanni 13). Il pane simbolo del suo corpo, il sangue simbolo della sua vita che è stata spezzata per noi e l’acqua simbolo della purificazione (cfr. Giovanni 6; Romani 6:1-5).

Mangiare, bere e lavare esprimono l’idea di completezza nel contesto domestico, ma anche spirituale. Nutrirsi spiritualmente di Gesù, significa appropriarsi della sua vita, lasciarsi addomesticare dalla sua grazia. Bere liberamente da Gesù, vuol dire lasciarsi dissetare dalla speranza dei nuovi cieli e della nuova terra, del regno che verrà, ma che comunque possiamo pregustare sin d’ora (cfr. Luca 17:21). Lavarsi idealmente in Gesù, significa vivere nella sua misericordia e in armonia con il prossimo (cfr Tito 3:1-5).

Nota
La Pasqua è la prima e la principale festa ebraica. Si celebra il 14 del primo mese (Abib o Nisan), tra marzo e aprile. Essa ricorda il passaggio degli Israeliti dallo stato di schiavitù a quello di libertà e la formazione del popolo ebraico come nazione unita e indipendente, con usi, costumi e leggi proprie. La Pasqua commemora l’uscita degli ebrei dall’Egitto dopo 430 anni di dura schiavitù sotto il giogo faraonico. Il ricordo di questa miracolosa “uscita” è divenuto il punto centrale della legge e della vita degli ebrei, tanto che questo pensiero si trova un gran numero di volte espresso in molti passi della Bibbia e nei libri di preghiere. Il nome della festa, Pesah, deriva dal verbo pâsah, che significa “passare oltre” (cfr. Esodo 12:12,13-23), perché il distruttore “oltrepassò” le case abitate dagli ebrei, lasciandone in vita i primogeniti. La festa viene anche chiamata “festa degli azzimi” (matstsah) perché per tutta la durata della festa è vietato cibarsi di sostanze lievitate e si mangia pane azzimo, in ricordo del pane che gli ebrei in fuga non ebbero il tempo di far lievitare (cfr. Levitico 23:6).

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