Francesco Zenzale – Quando penso alla misericordia di Dio, alla sua grazia e al modo in cui Dio ha agito in favore dell’umanità, sono sempre più persuaso che egli abbia esplorato tutte le possibilità per salvare l’uomo. E se Dio ha scelto quella dell’incarnazione che inevitabilmente ha accompagnato Gesù al Calvario, ciò significa che quella era l’unica strada percorribile. Noi valutiamo la scelta di Dio con una visione limitata dal peccato e dalle sue conseguenze, ciò potrebbe indurci a formulare teorie contrapposte, fra le tante quella sostitutiva (Cristo è morto al nostro posto) e quella di separare la misericordia di Dio dall’opera di Cristo, affermando che la salvezza è accordata indipendentemente dal sacrificio di Cristo. In altre parole, la liberazione dell’uomo dalla schiavitù del peccato e dalla morte, e la vittoria di Cristo sul male si pongono su due piani diversi.

Quest’ultimo pensiero teologico è costruito sul nobile presupposto che se Dio, per perdonare aveva bisogno del sacrificio di suo figlio, non è diverso dalle divinità pagane. Allora Dio perdona non perché è amore, ma perché sollecitato dal sacrificio.

Per sostenere questa idea, si indicano una serie di testi biblici,1 come anche la parabola del figlio prodigo (si trova in Luca 15:11 e segg.), tralasciando di prendere in considerazione che il favore di Dio, nell’Antico Testamento, si esprime in un contesto caratterizzato dai sacrifici, in modo particolare quello per il peccato.  Concetto, questo, presente anche nel mondo pagano, ma con una comprensione teologia diversa da quella impressa dal Dio d’Israele.

Riguardo alla parabola del figlio prodigo, indubbiamente, si evince la grandezza dell’amore di Dio, del suo eterno grado di accettazione e della sua misericordia, ma difficilmente si può trarre un insegnamento teologico sulla salvezza. L’espressione “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Luca 15:24,32) pongono l’accento sul comportamento misericordioso e la gioia del padre in contrasto con l’azione inqualificabile del figlio, come anche della reazione del figlio maggiore, ma non evidenzia in che modo il suo gesto misericordioso e di accoglienza acquista valore eterno. La parabola costituisce per noi tutti un esempio di vita su come dovremmo relazionarsi con il prossimo (figli, fratelli, sorelle, ecc.).

Certamente la misericordia Dio è salvifica, ma la salvezza è inevitabilmente legata al sacrificio. Nell’Antico Testamento è annessa all’immolazione di un animale idoneo per l’espiazione del peccato;2 nel Nuovo Testamento, alla morte di Cristo. In occasione dell’ultima cena Gesù pronuncia le seguenti parole: “questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati” (Matteo 26:28). Egli coniuga il suo amore con il suo sacrificio. Così anche in Giovanni 13: “Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici” (Giovanni 15:13).

Nel discorso di Pietro dopo la Pentecoste, il perdono dei peccati è legato all’annuncio della morte e della risurrezione di Cristo (Atti 2; cfr. Atti 5: 30-31; 13:37-38). In Romani 3:25 si desume che “Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato”. E ancora, “Dio invece mostra la grandezza del proprio amore per noi in questo: che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8). Di fatto, “in lui abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia” (Efesini 1:7; cfr. Eb 2:17). L’apostolo Pietro ci rende consapevoli che “non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia” (1 Pietro 1:18,19).

La misericordia è sempre legata alla persona e all’opera di Gesù. Anche la riconciliazione, conseguente al perdono è intimamente congiunta alla morte di Cristo. “Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo, tanto più ora, che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita” (Romani 5:10; cfr. 2 Corinzi 5:18-21; Colossesi 1:22).

Alla luce di quanto espresso, credo che non sia biblicamente saggio scindere la grazia e il perdono di Dio dal sacrificio di Cristo. Inoltre, questo insegnamento dovrebbe essere compreso nell’ottica di un progetto universale, inteso a riconciliare il nostro piccolo pianeta terra al mondo di Dio e all’universo. La salvezza ha una valenza cosmica. Per realizzare questo proposito era fondamentale dare concretezza alle parole riconcilianti3 .

Di fatto, in passato, il Signore aveva manifestato la sua accoglienza per mezzo dei suoi messaggeri, ma in Gesù Cristo ha dato visibilità alla sua volontà redentrice. Ha reso tangibile e palpabile ciò che non lo era se non in forma simbolica (Eb 1:1-2).4 La grazia, nella vita, nella morte e nella risurrezione di Cristo acquista corporeità. Il semplice e profondo atto nel perdonare si materializza, diventa carne, lo si può toccare, respirare, contemplare. Ciò significa che la salvezza non può prescindere da Cristo.

Scrive, Giovanni: “ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Giovanni 1:1-4). Grazie a questo gesto ineffabile di Dio, anche noi, con Giobbe possiamo esclamare: “Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Giobbe 42:5).

Note
1 Fra i tanti: Isaia 44:22; 43:25; Osea 6:6; Matteo 9:13; 12:33, ecc.
2 Montone, agnello, ecc. Esodo 30:10; Levitico 4: 3,8, 14, 24; 5: 6-7; 23:19; 16. “Secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e, senza spargimento di sangue, non c’è perdono” (Ebrei 9:22).
3 Misericordia, perdono, grazia, ecc.
4 In tal senso, l’autore della Lettera agli Ebrei illustra magistralmente in che modo Gesù ha adempiuto le variegate tipologie che lo raffiguravano.

Pubblicato in omaggio e memoria dell’autore.

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