Francesco Zenzale – “Quanto a me, ecco il patto che faccio con te; tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni; non sarai più chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abraamo, poiché io ti costituisco padre di una moltitudine di nazioni” (Genesi 17:4-5).

Dopo il patto stipulato con Noè (cfr. Genesi 6:18), esteso a tutti gli esseri viventi, che afferma l’irripetibilità del diluvio (cfr. Genesi 9:9-10), la Bibbia registra numerosi patti intercorsi tra Dio e l’uomo. Certamente il più sorprendente è quello che Dio stabilisce con Abramo, un uomo di novantanove anni e senza figli: “Farò di te una grande nazione e ti benedirò… e saranno benedette in te tutte le famiglie della terra” (Genesi 12:1-3). Questo patto viene ristipulato con Isacco (in Genesi 26:1-5), Giacobbe (in Genesi 32:12 e 35:12), e Davide (in 2 Samuele 7:12 e Salmi 89:3-4), in una successione di alleanze annuncianti un Messia che realizzerà, nel futuro, le promesse divine.

Il dato saliente del patto con Abramo è il suo carattere incondizionato. Dio lo fa uscire dalla Mesopotamia e promette il Paese di Canaan alla sua discendenza (cfr. Genesi 15:1-5) sull’unica base della fiducia reciproca, immersa nella grazia di Dio. Abramo si limita ad accettare la proposta: “Egli credette al Signore, che gli contò questo come giustizia” (Genesi 15:6). Dopo aver rinnovato e ampliato il suo patto in varie occasioni, alla fine Dio lo ratifica con un segno: il cambiamento del nome e la circoncisione (cfr. Genesi 17:1-11).

Non si tratta di un semplice accordo tra due parti (suntheke), che viene annullato quando uno dei due lo rompe. Questa alleanza è un regalo, un testamento (diatheke) irreversibile, assicurato contro tutti i rischi. Valido anche quando l’erede non ne sia degno, perché la fedeltà di Dio non cambia. Il compimento delle sue promesse non dipende dal compimento delle nostre, ma unicamente dalla sua volontà. Nonostante le nostre infedeltà, Dio continua a rimanere fedele. regalando la sua grazia o il suo perdono. Colui che, come Abramo, comprende la grandezza di questa proposta, non troverà i termini del patto restrittivi. La sua gratitudine lo spingerà a vivere all’altezza dell’impegno assunto.

Sul Sinai, dopo la liberazione dalla schiavitù egiziana, Dio rafforza e ratifica l’alleanza fatta con Abramo e i suoi discendenti (cfr. Galati 3:17). La particolarità di questo patto è che Dio rivela la sua volontà in modo dettagliato attraverso una serie d’istruzioni per la vita e il culto che prefiguravano la realtà futura: il compimento della salvezza in Gesù Cristo (cfr. Ebrei 10).

Infatti, sarebbe inconciliabile pretendere che Dio si riveli sul Sinai per imporre al popolo che cercava di liberare un’alleanza basata sulle opere. Sarebbe come dire che lo libera dalla schiavitù per imporgliene una di tipo morale ancora più difficile da togliere. Il contenuto dell’alleanza, da Abramo a Mosè, è sempre lo stesso, una proposta di amicizia sorretta dalla grazia di Dio: “Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Esodo 19:5).

(Per l’approfondimento consiglio il libro Legge di libertà. Il valore dei comandamenti nella teologia della grazia, di R. Badenas, Ed. Adv, Firenze, 2004).

 

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