Francesco Zenzale – “Io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno” (Genesi 3:15).

È interessate notare come l’artefice del Pentateuco illustra l’evento messianico-escatologico. L’autore del male è presentato come un serpente, un animale strisciante, velenoso, subdolo, dagli occhi impietosi e dalla testa piatta e maligna. Capace di divorare perfino un coccodrillo, dopo averlo soggiogato con le sue poderose spire.

Lo troviamo nel giardino d’Eden, sull’albero della conoscenza del bene e del male, in contrapposizione a Dio che è amore e che non ha mai desiderato e praticato il male. Satana è l’unica creatura celeste che per primo ha vissuto l’esperienza del bene e del male, che è riuscito a espellere il bene dalla sua vita, incarnando il male. Solo Dio è l’incarnazione dell’amore e del bene assoluto. E il male lo ha subito nella persona di Gesù (1 Pietro 3:18).

Il suo “calcagno” è stato ferito, tuttavia, nella sua morte e risurrezione, è riuscito a schiacciare la testa al serpente, segnandone la fine. Gesù, con la sua vita, la sua morte e la sua resurrezione, ha posto fine al peccato in tutte le sue conseguenze; perciò la sofferenza, il male e la stessa morte sono stati sommersi nella vittoria (cfr. 1 Corinzi 15:55-58). Gesù disse: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come folgore” (Luca 10:18). L’apostolo dell’amore registrava le seguenti parole profetiche: “Perciò rallegratevi, o cieli, e voi che abitate in essi! Guai a voi, o terra, o mare! Perché il diavolo è sceso verso di voi con gran furore, sapendo di aver poco tempo” (Apocalisse 12:12).

Poco tempo! È difficile per noi, fragili creature, cercare di definire il tempo escatologico. Non sappiamo quando Gesù ritornerà, non sta a noi sapere il tempo in cui sarà inaugurato il regno di Dio (cfr. Atti 1:7), né fino a quando la “progenie” di Cristo dovrà sopportare le ferite del calcagno. Ma siamo più che certi che la tomba in cui era stato deposto Gesù dopo la sua morte è rimasta vuota e che “questo Gesù, che (ci) vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo (abbiamo) avete visto andare in cielo” (Atti 1:11).

Poco tempo! Quando si è giovani o in buona salute si ha l’impressione di essere eterni. Al contrario, la sofferenza, la malattia, soprattutto quella inguaribile, polverizza questa illusione. Ti rende consapevole che il tempo è la vita; la vita che hai vissuto, fatta di tante esperienze belle e brutte, di sogni realizzati e distrutti, di emozioni gioiose e avvilenti, che non puoi rivivere, ma da cui trarre validi insegnamenti; la vita che rimane e corre inesorabilmente verso l’ultimo respiro.

Il tempo che abbiamo il privilegio di vivere, che fluisce dalla grazia di Dio (cfr. Lamentazioni 3:22), deve essere ancora decorato. Che la tela sia corta o lunga non è rilevante. Non potevamo conoscere il giorno in cui siamo nati e non siamo in grado di sapere l’ora in cui l’esistenza fluisce nella polvere (cfr. Genesi 3:19). Perciò, è rilevante scegliere responsabilmente i colori, modulandoli secondo le aspettative e le prospettive esistenziali ed eterne.

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