Francesco Zenzale – Per lo studio di oggi, riporto un estratto del libro Ascolta la Parola.

Facendo eco alle rivendicazioni implicite di Gesù alla divinità (Giovanni 8:58; 17:5; Marco 2:1-12), i primi cristiani parlano di lui come Dio (Tito 2:13; Ebrei 1:8; Romani 9:5) e lo chiamano spesso Signore (Atti 11:16; 19:17; 22:10; Romani 1:4,7; 10:9; Filippesi 4:5), non esitando, all’occasione, a usare superlativi quali “Il Signore di tutti” (Atti 10:36), “il Signore della gloria” (1 Corinzi 2:8), “Gesù nostro Signore” (1 Corinzi 9:1), “il Signore dei signori” (Ap 17:14; 19:16).

Scritto all’incirca sessantacinque anni dopo la risurrezione di Gesù, il Vangelo di Giovanni inizia con la seguente affermazione: “La Parola era con Dio, e la Parola era Dio” (1:1). Anche qui, il Figlio è chiaramente distinto dal Padre. Tuttavia esiste tra di loro una stretta comunione, infatti, la preposizione greca pros (con) non esprime solo una prossimità fisica, ma ancor più un’intimità di rapporto tra il Padre e il Figlio.

Questo stesso punto di vista risalta in Filippesi 2:5-11, dove Paolo descrive Gesù prima della sua incarnazione come esistente “in forma di Dio” (v. 6).

In questo brano, l’apostolo utilizza un termine greco che indica la somma delle caratteristiche che fanno di una cosa ciò che è – cioè la “sostanza” – e non semplicemente la forma o l’apparenza esteriore.

Il Cristo è celebrato come eterno (Matteo 28:20; 1 Giovanni 1:2), non creato, nato da nessuno (Giovanni 1:1; Apocaisse 22:13), santo (Ebrei 7:26; 1 Pietro 1:19; Apocalisse 3:17), immutabile (Ebrei 1:12; 13:8), onnipresente (Matteo 28:20; 18:20).

Dobbiamo stupircene? Come il Padre, egli è impegnato nelle opere divine della creazione (Giovanni 3:35; Colossesi 1:16), della provvidenza (Giovanni:35; Colossesi 1:17; Ebrei 1:3), del perdono dei peccati (Matteo 9:1-8; Colossesi 3:13), della risurrezione e del giudizio (Matteo 25:31-46; Giovanni 5:19-29; 2 Timoteo 4:1,8), della dissoluzione finale e del rinnovamento di ogni cosa (Filippesi 3:21; 2 Pietro 3:8-13; Apocalisse 21:5)

Aggiungiamo che se il Padre è degno di adorazione, altrettanto lo è Gesù Cristo. “Degno è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la lode”, cantano gli esseri celesti (Apocalisse 5:12). Ed è proprio volontà del Padre “che tutti onorino il Figlio come onorano il Padre” (Giovanni 5:23). Gli angeli stessi, su richiesta del Padre, sono chiamati ad adorare Gesù (Ebrei 1:6).

Nei brani menzionati – e in altri ancora – Gesù non è visto come un semidio, una parte di Dio o come uno simile a Dio ma, nel senso pieno del termine, come vero Dio. Molto spesso gli autori biblici sottolineano l’unità essenziale e l’uguaglianza che esistono tra il Padre e il Figlio. Tuttavia, non ci autorizzano a concludere che Dio è a volte Padre e a volte Figlio. Sono entrambi al tempo stesso uguali e chiaramente distinti.

Tratto da  G. Marrazzo, Ascolta la Parola, Ed. Adv, Firenze, 2004, pp. 20-22.

Condividi