La testimonianza di due operatrici avventiste.

Notizie Avventiste – In un tempo in cui le persone chiedono assistenza e rassicurazione a chi lavora in prima linea, e in occasione della Giornata mondiale dedicata agli infermieri, vogliamo riconoscere tutto il personale ospedaliero che lavora senza sosta, a rischio della vita, nella cura dei malati Covid-19, ma anche di tutti gli altri pazienti negli ospedali, le case di cura, le residenze per anziani. In questa giornata speciale, vogliamo condividere l’esperienza di due infermiere avventiste: una lavora in Italia, l’altra in un ospedale all’estero.

Non molliamo. Prima testimonianza
“Oggi, a più di un mese dall’emergenza Covid-19, ho voglia di raccontarmi, di raccontare la storia di chi, come me, vive continuamente carichi emotivi importanti e molti forse nemmeno lo sanno”. A parlare è un’infermiera avventista che svolge la sua professione nel reparto di terapia intensiva di un ospedale italiano.

“Voglio iniziare dalla teoria, perché tante persone, a meno che non abbiano avuto la sfortuna di viverci di persona per un po’, non hanno idea di cosa vuol dire ‘terapia intensiva’” aggiunge nella sua testimonianza sul sito 8xmille avventista “L’infermiere è il professionista sanitario che ha studiato tre anni e oltre, per comprendere e svolgere appieno l’assistenza infermieristica che, a differenza di altre figure, prevede un approccio olistico, salute psicologica compresa. Premesso ciò, in terapia intensiva l’infermiere si sobbarca di altre responsabilità, oltre alle solite del reparto”.

L’infermiere è una delle prime figure che incontriamo quando si va in ospedale. È la persona che si occupa “dei principi di fisiologia del paziente; dei macchinari che si sostituiscono al quotidiano lavoro dei vostri organi, per cui è prevista una formazione continua in merito; dell’umore dei pazienti che spesso sono ricoverati per lungo tempo…; della famiglia del paziente, che naturalmente è preoccupata e soffre”.

La pandemia della Covid-19 ha evidenziato una sanità pubblica devastata negli anni da tagli economici, riduzione del personale, ecc.; ma anche un personale sanitario preparato, competente e soprattutto dedicato alla sua missione, nonostante i mancati riconoscimenti retributivi subiti.

“Il mio primo pensiero” afferma l’infermiera avventista “va ai miei colleghi e amici dell’ospedale Sacco di Milano, dove mi trovavo fino a un anno e mezzo fa. A loro, che sono stati tra i primi ad affrontare l’emergenza e che continuano a farlo ogni giorno, dedico un forte abbraccio virtuale”.

Non manca il timore di una recrudescenza della pandemia a causa di leggerezza verso le regole di prevenzione del contagio. “Ho paura che non si sappia cosa voglia dire vivere le 8-10 ore lavorative con indosso mascherine che ti lacerano la faccia, ho paura che non si sia mai provata la sensazione di ‘sciogliersi’ all’interno di tute e camici impermeabili indossati per ore… dove l’ossigeno sembra mancarti e la vista si appanna sugli occhiali, e soprattutto se hai agito senza rischiare anche tu la vita e di conseguenza quella dei tuoi cari a casa”.

“Non è semplice lavorare così” aggiunge “ma non è semplice nemmeno tornare a casa e avere in mente ancora la sofferenza dei pazienti, la preoccupazione delle continue chiamate dei familiari, le mille cose da fare al lavoro, la stanchezza fisica, la paura del contagio, gli incubi di un inconscio turbato”.

“A me e a tutti i miei colleghi dico ‘Forza! Non molliamo!’”.

Pronti ad adempiere il proprio dovere. Seconda testimonianza
“Abbiamo un paziente sospetto di Covid-19 nel reparto”. Non è la prima volta nell’ultimo mese che queste parole sono state pronunciate dalla caposala, ma questa volta sembrava una cosa diversa, più seria. Ha guardato le nostre facce, alcune di noi erano fuori dalla stanza per mantenere la distanza sociale, e ha detto: “Chiedo volontari per questa paziente e per gli altri che potrebbe venire nella prossima settimana”.

Prima ancora che potesse finire la frase, ho alzato la mano. Lo Spirito Santo mi aveva spinto in un modo che non avevo mai provato prima. Le parole del salmista sono fluite nella mia mente mentre camminavo verso la stanza di isolamento designata: “Egli ti coprirà con le sue penne e sotto le sue ali troverai rifugio. La sua fedeltà ti sarà scudo e corazza. Tu non temerai gli spaventi della notte, né la freccia che vola di giorno, né la peste che vaga nelle tenebre, né lo sterminio che imperversa in pieno mezzogiorno. Mille ne cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra; ma tu non ne sarai colpito” (Salmo 91:4-7).

Queste parole mi davano tanta pace mentre mi preparavo a una situazione potenzialmente pericolosa. Avevo indossato tuta, occhiali, mascherina e guanti per entrare nella stanza per la prima volta, ed ero grata di avere abbastanza dispositivi di protezione individuale (Dpi) per il mio turno e che ci fosse una fornitura extra nel nostro ospedale. Con la mano protettiva di Dio su di me, sono entrata nella zona della “battaglia”, senza paura.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha designato il 2020 “Anno dell’infermiere e dell’ostetrica”. Credo che nessuno si aspettasse cosa questo anno avrebbe effettivamente riservato agli infermieri, ma sicuramente mostrerà al mondo quanto siano speciali.

Questa categoria, come il resto del personale ospedaliero, svolge un ruolo cruciale nel periodo di cura del paziente. Lavora nei reparti dedicati alla Covid-19, offrendo supporto, conforto e guida alle persone nel pronto soccorso, che temono di aver contratto la malattia. Mettono in atto protocolli vitali di controllo delle infezioni per proteggere i pazienti e se stessi. Sorreggono le mani (con i guanti), rassicurano, sono abili ed esperti nel lavorare con macchine respiratorie, farmaci di terapia intensiva e con pazienti in condizioni critiche.

Il servizio infermieristico iniziò nella crisi di una guerra mondiale. Oggi viviamo la crisi del coronavirus e cerchiamo di tenere a bada l’infezione con principi simili ad allora basati sulla buona igiene, in particolare lavarsi spesso le mani. Stiamo tornando alle basi, al cuore dell’assistenza infermieristica, e funziona esattamente come decenni fa.

Ogni giorno, migliaia di infermieri e operatori sanitari adempiono al loro dovere di servire le nostre comunità e attuare pratiche protettive e preventive per la sicurezza di ogni paziente.

Dio ha messo nel mio cuore questo testo biblico: “Non vi stancate di fare il bene” (2 Tessalonicesi 3:13). Non mi è mai sembrato più reale come in questo periodo. Incoraggio tutti a continuare a fare del bene dove è possibile, anche se si trattasse solo di un messaggio positivo dedicato agli operatori sanitari in cui dite che state pensando a loro e pregate per loro oggi. Grazie per le vostre continue preghiere agli operatori sanitari. [Esperienza tratta e adattata da Adventist Review] [LF]

 

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