Luigi Caratelli – Mi scrisse: «Fatico a comprendere la tua passione per l’argomento spiritismo». In poche parole: «Chi te lo fa fare». Continuai invece a occuparmi di fenomeni legati allo spiritismo, al paranormale, alle apparizioni sovrannaturali, al fenomeno UFO, e via di questo passo. Almeno in quel periodo. Perché, grazie a Dio, non sono nato con la propensione a indagare i «misteri del Serpente» nelle sue varie e disgustose manifestazioni… a meno che!

A meno che non sia indispensabile farlo. E sono giunto a questa conclusione dopo aver predicato le meraviglie del regno: il sorriso di Dio e l’abbraccio di Gesù; senza dimenticare le consolazioni dello Spirito Santo. A mo’ di curriculum spirituale posso vantare di aver iniziato il mio ministero nella radio con due serie di programmi dai titoli emblematici e riassuntivi del mio essere cristiano: «Il mio nome è amico», dove l’Amico è Dio; e «Dalla parte degli ultimi», con il dichiarato intento di occuparmi, come si dice, del sociale, della gente reale, insomma. Quella che Dio ama.

E della «gente» mi sono sempre occupato, anche quando era necessario trattare temi «borderline». Perché non tutte persone sono laureate a Oxford: anzi, la moltitudine naviga giornalmente in acque torbidissime. Eppure anche a loro è rivolto l’immenso amore del Padre.

Esperti in stranezze
Temi borderline? Ricordo vivamente le parole di un altro mio carissimo amico, il quale, senza alcuna ombra di rimprovero o di sufficienza, anzi, per tratteggiarmi con originalità e affetto, mi presentava al pubblico della sua comunità con queste parole: «Carissimi, abbiamo oggi con noi Luigi Caratelli che, come molti sanno, si occupa di cose strane». Non avrebbe potuto riservarmi presentazione migliore; la più bella fattami «in carriera». Lo ringrazio ancora oggi perché, dopo la gioia del parlare di un Padre straordinario, ho veramente fatto di tutto per occuparmi di cose «strane». O meglio, delle persone che ai laureati di qualunque college, risultano eufemisticamente «strani».

Gli strani in questione, hanno problemi, e spesso curiosità, inerenti al mondo dell’occultismo. Non esagero se dico che il 90 per cento dell’umanità si pone il problema della morte e di che cosa ci sia dopo di essa. Il cuore di ogni uomo, compreso il 10 per cento di indifferenti al tema, si trova smarrito di fronte al quesito. E, spesso, lo risolve come può; anche abbeverandosi a «cisterne screpolate».

Basta fare una rapida capatina in una qualsiasi libreria (persino in quelle le cui referenze politiche e sociali strizzano l’occhio a nostalgie marxiste, e che dovrebbero annoverarsi nel 10 per cento dei non «strani») per rendersi conto come gli scaffali dedicati alle tematiche della spiritualità alternativa, della angeologia e, non ultima, anzi, in decisa rifioritura, della comunicazione medianica, siano ultra forniti e costantemente visitati da un pubblico decisamente eterogeneo. Come quello che, proprio in questi giorni, affolla le sale cinematografiche di tutto il mondo per educarsi alla cultura medianica grazie al film Ouija. L’origine del male, seconda puntata di un ciclo che potrebbe continuare all’infinito.

Tutti «strani»? Tutti dannatamente perduti? Non per Dio, che li guarda con compassione.

Ecco, se mi si vuole attribuire una qualche stranezza, lo confesso, ho deciso di fare mia l’ottica di Dio nei confronti di questi «indagatori del mistero»: portare loro la Parola che salva.

Disattenti
Certo, del resto non potevo non accorgermene, molti fruitori di tali proposte non anelano ad alti livelli di spiritualità e non cercano risposte profonde: a loro basta solleticare una dose minima di curiosità; quel tanto necessario per vivere alla giornata. Gli altri, tutti gli altri, pur navigando a vista, sperano ci sia un’isola felice sulla quale approdare.

Ma non bisogna essere laureati chissà dove, per restare indifferenti ai problemi dell’umanità che si dibatte nelle tentazioni dello spiritismo; quel soggetto per il quale c’era chi mi consigliava di tagliare corto. Si può essere semplicemente un membro di una qualsiasi chiesa. Come quella cara sorella di una comunità, nella quale ero stato invitato a tenere una serie di conferenze sui fenomeni spiritici. La prima sera mi venne incontro e mi disse, con tono serio e compunto: «Fratello, ho preparato la sala; ma non si offenda se io non parteciperò a nessuno dei suoi incontri, perché non voglio che la mia chiesa si riempia di spiriti». Non ebbi il tempo e la prontezza di formulare un pensiero adeguato come risposta; per esempio: «Se Gesù avesse avuto paura degli spiriti, quanti indemoniati avrebbe potuto guarire?».

Il giorno successivo, nel corso di una riunione riservata ai membri di quella comunità, il responsabile, anche lui presentandomi al pubblico, esordì visibilmente stupefatto e compiaciuto: «Carissimi, non me lo aspettavo; Caratelli, ieri sera, ha presentato la Bibbia e il suo messaggio!». Di sicuro non ero andato là per distribuire morbosa curiosità ai convenuti, facendo danzare i tavolini.

Certo che parlo di Bibbia nei miei incontri. È la fonte cui mi rivolgo per dare risposte a chi le sta cercando, e non sa che possono essere contenute in quel libro. Parlo di Bibbia anche se i titoli delle mie conferenze della serie sul paranormale non lo fanno trasparire immediatamente. Per esempio: «Angeli in astronave: chi sono gli extraterrestri?». Si intuisce che parlo degli UFO; ma pochi si aspettano che io tiri fuori la Bibbia per risolvere l’arcano.

Più solleciti di Dio
Non è indispensabile sfoggiare lauree da positivisti ultraconvinti per snobbare i poveri credenti nei dischi volanti; basta essere un membro di un comitato di chiesa che, dopo avermi invitato a tenere conferenze sul paranormale, mi ha giustamente consigliato, con largo anticipo sulla data dell’evento, di inviare il mio programma con tanto di titoli mirati. L’ho fatto; e sono partito fiducioso, per dare un messaggio biblico, ai più sconosciuto.

Ma i membri del comitato, convinti di fare il bene, avevano tolto proprio il titolo della conferenza sugli extraterrestri, e lo avevano sostituito con un altro, troppo generico, che non diceva nulla. Motivazione? Il tema avrebbe potuto urtare la sensibilità dei cittadini che sarebbero intervenuti alla conferenza. In cuor mio, dopo aver fatto le mie rimostranze (avrebbero potuto comunicarmelo o, almeno, avere fiducia nella lunga esperienza che mi portava ad adottare certe modalità comunicative), pensai semplicemente che avevano mancato di fede in Dio.

La sera della prima conferenza i miei sospetti erano confermati: davanti al tavolo dietro il quale avrei dovuto parlare, gli organizzatori avevano preparato una quindicina di sedie. La sala era immensa, ma la loro fede ne occupava uno spazio utile a una quindicina di sedie.

Le persone cominciarono a entrare, e, in breve tempo, riempirono tutte le sedie messe a disposizione. Ne entrarono altrettante, e gli organizzatori furono costretti ad aggiungere sedie in numero adeguato. Intanto la gente non smetteva di entrare, raddoppiando, triplicando e quadruplicando la necessità di posti a sedere. A inizio conferenza ne contammo oltre duecento: il numero necessario a riempire il grande salone.

Per una necessità imprevista fummo avvisati dal Comune che la sera successiva la sala era stata messa a disposizione per altri eventi; quindi, avremmo dovuto traslocare in un altro locale, distante. Non potemmo avvertire gli amici interessati, e ci limitammo ad appendere sulla porta della sala utilizzata un cartello con l’indirizzo della nuova sede. Colpo mortale: quanti, sollecitati da un impegno imprevisto avrebbero deciso di spostarsi nella nuova sala? E per di più, si sarebbe dovuta tenere la conferenza dal titolo cambiato, e quello sostitutivo non era decisamente invitante. Questa volta l’ambiente aveva tutte le sedie. Tante sedie. Troppe.

Il nuovo locale era infatti molto più grande del precedente. Eppure… entrarono le duecento persone che avevano seguito il primo incontro. Non solo… ne entrarono altre duecento. Parlai a circa quattrocento persone quella sera: stupito e meravigliato. Parlai degli extraterrestri. Il tema che aveva scandalizzato i membri del comitato invitante. Gli «strani», invece, rimasero soddisfatti; nonostante avessi esposto il tema con la Bibbia alla mano. Fui rimproverato da un uditore, ma non per aver osato aprire le Sacre Scritture; semplicemente perché, avendo letto sui manifesti il titolo annacquato, proprio non si aspettava di sentir parlare di UFO, e concluse con queste parole: «Signor Caratelli, lei ha parlato sul tema degli extraterrestri, ma nel titolo della locandina non si faceva cenno a tale possibilità. Se ce lo avesse detto, le avremmo portato altrettante persone di quelle che sono venute stasera».

Insomma, avrei potuto parlare del Signore a una platea di ottocento persone. Anche in quel caso avevo un pensiero che mi frullava in mente, e rimase confinato lì; avrei potuto rispondere: «Lo domandi agli organizzatori».

In cerca di parole vere
«Non comprendo la tua passione per lo spiritismo», mi scriveva l’amico. «Chi te lo fa fare?». Semplicemente, per amore della gente; semplicemente perché il Signore ama questa gente. Semplicemente perché il Signore ama Anna, ragazza ventenne, venuta ad ascoltarmi a Livorno. In quel caso i fratelli lasciarono il titolo originale: «Possiamo parlare con i nostri morti?». Oltre ad Anna vennero anche curiosi e medium, a difendere la loro fede. Questi mi attaccarono tutte le sere: le mie parole, quelle della Bibbia, li privavano delle loro pretese spiritistiche e, forse, anche della loro ascendenza e dei loro introiti monetari.

Alle conferenze partecipò anche un pastore di fede battista. Fu lui che, l’ultima sera, mi prese in disparte e mi disse: «Signor Caratelli, ho visto che in questi incontri lei non ha avuto molto successo (si riferiva proprio ai disturbi degli spiritisti intervenuti), però voglio incoraggiarla, raccontandole l’esperienza di una mia giovane parrocchiana (Anna), che ha perso sua madre da poco tempo. Dopo aver letto nel manifesto affisso in città, il titolo sui morti, ha pensato che partecipando alla conferenza avrebbe ricevuto indicazioni sicure per mettersi in contatto con la madre defunta, grazie allo spiritismo. Ha ascoltato tutto quello che lei ha detto, e ciò che dice la Bibbia al riguardo. Poi mi è venuta vicino è mi ha detto: “Pastore, stavo per commettere un grosso errore: adesso so che non devo entrare in contatto con i morti”».

Ecco perché lo faccio. Per «chi» lo faccio. Per i tanti, come Anna, che cercano Dio con la flebile luce che possiedono: spesso una fede «strana»; a volte addirittura pericolosa. «Non verrò a nessuna sua conferenza», mi diceva la sorella, «perché non voglio che la mia chiesa si riempia di spiriti». E allora, lasciamoli fuori dalle porte delle chiese… in balia degli spiriti.

Condividi