M13-comandamentiÈ il comandamento che colpisce una piaga universale: la menzogna. Il precetto riguarda prevalentemente la sfera pubblica, nel contesto giudiziario e processuale. In una civiltà in cui domina la cultura orale, la testimonianza riveste un rilievo tutto particolare. Il «falso testimone» (‘ed sheqer) mette a repentaglio il diritto fondamentale della persona e della comunità. È la prima norma in assoluto nel Codice di Hammurabi (XVIII sec. a.C.). Il falso testimone non solo ricorre a un discorso menzognero, ma si comporta da persona falsa, non autentica.

L’ingiustizia che ne scaturisce ha conseguenze nefaste sul piano personale e collettivo. La falsa testimonianza di due malfattori prezzolati dalla malvagia regina Izebel è il caso clamoroso di ingiustizia processuale ordita ai danni del più debole, il povero Nabot che aveva rifiutato di vendere la sua vigna impedendo alla famiglia reale di ampliare la tenuta di Izreel (1 Re 21:13).

La scena del processo-farsa che ha deciso la condanna del Sinedrio nei confronti di Gesù è adombrata di falsità. «Molti deponevano il falso contro di lui; ma le testimonianze non erano concordi. E alcuni si alzarono e testimoniarono falsamente contro di lui…» (Mc 14:56,57).

La verità è un dovere morale purché non si trasformi in un rasoio per ferire e fare del male. Ecco perché Paolo esorta la chiesa con queste parole: «Seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo» (Ef 4:15). L’amore da solo può trasformarsi in debolezza; la verità da sola può diventare tagliente, insensibile. «Verità nell’amore» realizza la sintesi ideale.

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