Comprendere la parabola del ricco e Lazzaro.
La Bibbia insegna che le persone decedute vivono nell’aldilà? E che la retribuzione per i buoni e i malvagi viene data subito dopo la morte?
La parabola di Gesù del ricco e Lazzaro è stata utilizzata per rispondere affermativamente a queste domande, poiché mostra che il mendicante Lazzaro, dopo la morte, viene portato “nel seno di Abramo”, mentre anche il ricco muore e va in un luogo di tormento (Luca 16:19, 21-23).
In realtà, questa non è una storia vera, ma una parabola, e le immagini in una parabola servono a illustrare un messaggio, non sono il messaggio stesso. Ne è un esempio la parabola raccontata, sempre nella Bibbia, in Giudici 9:7-15, dove il dialogo degli alberi serve a trasmettere un messaggio, non a insegnare che gli alberi parlano.
È una parabola, non è letterale
Pertanto, la parabola raccontata da Gesù non può essere interpretata letteralmente, come dimostra il seguente ragionamento:
– Afferma che Abramo è in cielo e accoglie i giusti nel suo seno. Ma Abramo non ha ancora ricevuto ciò che gli era stato promesso e non è in cielo, come dicono i versetti di Ebrei 11:9-13, 39 e 40.
– Tutti i giusti potevano letteralmente entrare nel seno di Abramo? Certamente no.
– Il ricco e Lazzaro erano in cielo o all’inferno con corpi fisici? Entrambi sono menzionati con gli occhi, dita e lingua, al punto da suggerire la possibilità che uno potesse toccare l’acqua con un dito e bagnare la lingua dell’altro, quando, secondo l’immortalità dell’anima, solo lo “spirito”, e non il corpo, va in cielo o all’inferno. In Luca 24:39, è scritto che uno spirito non è fisico. Come potrebbe quindi uno “spirito” portare acqua nelle sue mani per rinfrescare la bocca di un altro spirito?
– È logico credere che poche gocce d’acqua possano lenire i tormenti di qualcuno in un luogo simile? L’acqua, in senso letterale, può placare la sete di uno “spirito”?
Perché Gesù raccontò questa parabola?
Ora, la domanda fondamentale è: “Perché Gesù raccontò questa parabola e cosa voleva insegnare?”. La verità è che, durante il periodo inter-testamentario, le idee greche sull’immortalità dell’anima avevano influenzato il pensiero ebraico, soprattutto tra i farisei, una setta ebraica apparsa nel II secolo a.C. A questo proposito, lo storico giudeo Giuseppe Flavio (vissuto durante i tempi del Nuovo Testamento e morto intorno all’anno 100 d.C.) afferma: “Essi [i farisei] credono […] che l’anima […] oltre questa terra, riceverà ricompense o punizioni, a seconda che si sia dedicata alla virtù o al vizio; quanto a coloro che praticano quest’ultimo, saranno imprigionati per sempre; ma i primi godranno del potere di tornare a questa vita” (Antichità Giudaiche 18.1.3).
Queste idee non avevano alcun fondamento biblico, ma i farisei, che esercitavano grande influenza sulla popolazione, le accettarono. Cristo, avvalendosi di questa credenza popolare, cercò di insegnare, specialmente ai farisei che lo ascoltavano (Luca 16:14), che questa vita è l’unica opportunità di salvezza. Coloro che oggi, pur non godendo di grandi privilegi, accettano la grazia salvifica, saranno in una posizione migliore davanti a Dio rispetto a coloro che, pur avendo grandi privilegi, come il ricco, rifiutano le opportunità che Dio offre loro per la salvezza.
Conclusione
Alla fine della parabola, il ricco chiede ad Abramo di mandare Lazzaro dai suoi cinque fratelli per avvertirli di non andare in quel luogo di tormento dopo la loro morte (Luca 16:27, 28). Tuttavia, Abramo gli risponde: “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli!” (Luca 16:29). L’espressione “Mosè e i profeti” è un riferimento alle Scritture dell’Antico Testamento.
In questo modo, Gesù insegna che tutti coloro che vogliono credere nella salvezza hanno le Scritture per farlo (Luca 16:30, 31). Se le Scritture non sono una prova sufficiente affinché i farisei e gli altri credano in lui, “non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita” (Luca 16:31).
Per Gesù, la ricompensa non si riceve dopo la morte, ma quando ritornerà una seconda volta e “renderà a ciascuno secondo l’opera sua” (Matteo 16:27).
Cristhian Álvarez Zaldúa
[Fonte: revista.adventista.es/. Traduzione: Lina Ferrara]
[Immagine di copertina: GiselaFotografie su -pixabay,com]







