Da giorni gruppi di nativi americani stanno pianificando proteste per la contestata visita di Donald Trump al Monte Rushmore, in South Dakota, alla vigilia dell’independence day, il 4 luglio. Ora a intervenire contro il presidente americano è uno dei leader Sioux: «Questa terra appartiene a noi, lo stabiliscono trattati storici, e devo dirle una cosa: non le diamo il permesso di entrare» ha dichiarato Bear Runner al Guardian. Per il presidente dell’oglala Sioux tribal council, la visita di Trump al monumento aumenterebbe il rischio coronavirus per i nativi visto che arriva nel mezzo di una pandemia ancora in corso. The Donald ha inoltre previsto anche uno spettacolo pirotecnico, nonostante nell’area che ospita il monumento viga dal 2010 il divieto di fuochi d’artificio per il rischio di incendi della Black Hills, area ritenuta sacra dai nativi. La sua visita appare una provocazione anche per il passato di Mount Rushmore. Il terreno su cui si erige il monumento con i volti di 4 presidenti Usa è stato sottratto ai nativi Lakota Sioux nel 1800, e lo scultore è un suprematista bianco. Per i nativi il governo dovrebbe restituire il terreno e abbattere questo monumento simbolo del «suprematismo bianco» (dal Corriere della Sera del 2-7-2020, I Sioux contro Donald: «Stia lontano»).

Parliamo di queste tensioni con il professor Alessandro Martire, ambasciatore della Nazione Lakota Sioux di Rosebud (South Dakota).

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