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La Chiesa di Gesù non si fa solo con quelli che “vengono in chiesa”. Quando si fa soltanto con quelli, la Chiesa perde slancio, smarrisce la missione, diventa autoreferenziale, si corrompe, persino. (…) Gesù si ritaglia degli interlocutori fra gli uditori apparentemente meno adatti ad afferrare il passaggio del regno di Dio e a trovare la strada della fede. La Samaritana, la Cananea, Zaccheo, il Centurione, il Cieco, il Ladro, il Lebbroso e molti altri e altre. Figure accomunate dalla drammatica povertà di un’esistenza ferita, metafore della umana estraneità alla perfezione morale. Non convocate alla stessa sequela dei discepoli designati come testimoni e custodi del ministero che rende riconoscibile Gesù, fino a che “Egli venga”. Eppure, incluse nel perimetro evangelico dell’ekklesia – dell’assemblea che viene generata dalla parola e dall’azione di Gesù (LG, 9). E non di rado gratificate esplicitamente con il riconoscimento di una fede che “salva” (da un
editoriale di Pierangelo Sequeri su Avvenire del 28-04-2025).
Partendo da questo articolo apparso sul quotidiano cattolico Avvenire, Claudio Coppini e Roberto Vacca hanno chiesto un parere sul senso della missione della chiesa – e sulla tentazione dell’introversione – a Nino Plano, pastore della Chiesa avventista di Firenze. Nella seconda parte un breve commento sui testi proposti per oggi dal lezionario evangelico “Un giorno una parola“.
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