Michele Abiusi – Il bisogno di confessare i peccati risponde a uno stato psicologico che cerca, nell’ascolto dell’altro, un modo per espiare le proprie colpe. È la voce della coscienza che spinge a rimediare ai propri errori. Dopo la confessione ci si sente meglio e, in teoria, si è pronti a iniziare una nuova vita.

Il credente sente tuttavia la necessità di conoscere l’opinione della Bibbia circa questa pratica, tenendo conto che per mantenerci spiritualmente forti abbiamo bisogno di essere perdonati quando sbagliamo. Ma cosa dice la Bibbia sulla confessione? Chi deve accordare il perdono dei peccati?

La Bibbia e la confessione 
Nelle Scritture, la confessione ha lo scopo di far ottenere il perdono di Dio alla persona che lo chiede manifestando un cuore contrito e un atteggiamento umile. Quando confessiamo sinceramente le nostre colpe dimostriamo di essere pentiti e, al contempo, manifestiamo la volontà di non ricadere negli stessi peccati.

La Scrittura parla di diversi tipi di confessione: 
1. Confessione collettiva o generica 
Troviamo implicitamente questo tipo di confessione nella festa ebraica annuale del Giorno dell’Espiazione, in cui il sommo sacerdote faceva prima l’espiazione “per sé e per la sua casa” (Levitico 16:6) e poi mandava nel deserto il capro per Azazel sul quale aveva trasferito i peccati del popolo con l’imposizione delle mani. Il cerimoniale terminava con l’aspersione del sangue delle vittime: “Poi sgozzerà il capro del sacrificio per il peccato, che è per il popolo, e ne porterà il sangue di là dalla cortina; farà con questo sangue quello che ha fatto con il sangue del toro: ne farà l'aspersione sul propiziatorio e davanti al propiziatorio” (Le 16:15).

Da notare che tutto il popolo doveva manifestare un atteggiamento penitente. “È per voi un sabato di riposo solenne e vi umilierete” (Le 16:31). “Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno delle espiazioni; avrete una santa convocazione, vi umilierete… Poiché, ogni persona che non si umilierà in quel giorno, sarà tolta via dalla sua gente” (Le 23:27,29).

2. Confessione individuale 
In Israele, Dio esigeva una confessione personale, accompagnata dall’offerta di un animale per il rito del sacrificio: “Quando uno, dunque, si sarà reso colpevole di una di queste cose, confesserà il peccato che ha commesso; porterà al Signore il sacrificio per la colpa, per il peccato che ha commesso. Porterà una femmina del gregge, una pecora o una capra, come sacrificio espiatorio e il sacerdote farà per lui l'espiazione del suo peccato” (Le 5:5,6).

L’offerente doveva accompagnare il sacrificio con il pentimento e con l’intenzione di non peccare più: “Smettete di portare offerte inutili; l’incenso io lo detesto […] Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!” (Isaia 1:13,16,17).

“Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al Signore che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare” (Is 55:7).

Attraverso i suoi profeti, Dio fece capire che tali sacrifici dovevano nascere dal pentimento sincero e dalla volontà di non peccare più: “Praticare la giustizia e l’equità è cosa che il Signore preferisce ai sacrifici” (Proverbi 21:3).

3. Confessione a Dio 
“Ma presso di te è il perdono, perché tu sia temuto” (Salmo 130:4). “Al Signore, che è il nostro Dio, appartengono la misericordia e il perdono; poiché noi ci siamo ribellati a lui” (Daniele 9:9). È la confessione del pubblicano che “se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: ‘O Dio, abbi pietà di me, peccatore!’” (Luca 18:13). L’apostolo Giovanni afferma: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità” (1 Gv 1:9).

4. Confessione pubblica 
È il caso dei discepoli di Giovanni Battista: “Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutto il paese intorno al Giordano accorrevano a lui; ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati” (Matteo 3:5,6).

5. Confessione al proprio simile 
Gesù evidenziò questo tipo di confessione quando disse: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta” (Matteo 5:23,24). Giacomo lo ribadì: “Confessate, dunque, i vostri peccati gli uni agli altri” (Gm 5:16).

Nella disposizione cristiana, i passi da fare quando pecchiamo sono elencati nella Prima lettera di Giovanni: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (1 Gv 2:1,2).

L’apostolo Giovanni, dicendo “vi scrivo queste cose perché non pecchiate”, non sostiene l’idea che è possibile vivere senza peccare, in quanto poco prima aveva dichiarato: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi” (1 Gv 1:8). Egli sta dicendo che non dobbiamo dare per scontato che comunque peccheremo e quindi ci incoraggia a non abbassare la guardia. Infatti, poi aggiunge “e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo”. Quando pecchiamo abbiamo un avvocato che perora la nostra causa di fronte al Padre e, a motivo della sua giustizia e del valore del suo sacrificio di riscatto, possiamo ottenere il perdono di Dio.

(Fine prima parte)

 

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