La corsa agli armamenti e’ aumentata negli ultimi anni. Stimati in piu’ di 23 miliardi gli investimenti per il 2017. Sulla carta nascono come navi a doppio uso, un ibrido destinato un po’ ad aiutare la Protezione civile in caso di calamita’ e un po’ a combattere. E cosi’ vengono presentate al Parlamento. Ma poco alla volta il progetto prende la forma di una nuova portaerei e i pattugliatori si trasformano in agguerrite fregate. Oppure sono prototipi di aereo ideati dalle aziende come iniziativa privata, senza che l’Aeronautica ne abbia manifestato l’esigenza; poi dopo qualche anno di tira e molla vengono acquistati a decine dallo Stato. Il tutto sotto gli occhi di senatori e deputati, molte volte distratti ma in alcuni casi fin troppo interessati. Tanto alla fine il conto tocca ai contribuenti. Gia’, ma quanto paghiamo per le spese militari? La risposta non e’ semplice. Perche’ nei bilanci della Difesa ci sono anche i finanziamenti per i carabinieri e per altre attivita’ che vanno dalla manutenzione dei fari al rifornimento idrico delle isole. Mentre gli armamenti si comprano grazie a consistenti elargizioni di altri ministeri e ci sono gli stanziamenti extra per le missioni all’estero. Un labirinto dove ora l’Osservatorio sulle spese militari italiane Mil€x (www.milex.org) cerca di trovare un filo grazie a un dossier elaborato da Enrico Piovesana e Francesco Vignarca. Con conclusioni sorprendenti (dall’articolo di Gianluca Di Feo “Spese militari: quei 64 milioni al giorno per caccia, missili e portaerei” apparso su Repubblica del 23-11-2016).

Parliamo di questo argomento – tragico, ma per molti aspetti persino comico – con il pastore avventista Luca Faedda

 

Condividi

Articoli recenti