M2-Editoriale_shoahGiuseppe Marrazzo – Tra pochi giorni inizia il carosello dei servizi speciali recuperati dagli archivi per ricordare i milioni di morti. Una retorica cui ci sottoponiamo ogni anno intorno al 27 gennaio, in ricordo di quel giorno del 1945 in cui l’armata rossa entrò ad Auschwitz. Gli ebrei sono innamorati della vita, la loro è una fede nella vita. «L’ebraismo non coltiva la morte», dice provocatoriamente Elena Loewenthal in un pamphlet dal titolo Contro il Giorno della Memoria, edito da Add con questo sottotitolo: «Una riflessione sul rito del ricordo, la retorica della commemorazione, la condivisione del passato». Accanto al dovere della Memoria occorre cedere il passo anche all’oblio, con la possibilità di trasformare la storia in «tracce meno tossiche». Non bisogna dimenticare i morti ma, se si potesse, dice Loewenthal, quella storia in sé: le leggi razziali, le persecuzioni, i treni con i deportati, le camere a gas, le torture, le fucilazioni di massa, le violenza assurde. Insomma, pur volendo dimenticare la Shoah, l’autrice celebra comunque il Giorno della Memoria. Il male non si esorcizza con la memoria. Occorre un intervento più radicale: la ri-creazione di un mondo nuovo, senza lacrime, senza dolore e senza la morte. Una vera Gerusalemme, città della pace, capitale di un nuovo regno senza carri armati e bombe intelligenti.

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