L’arte perduta
15 Febbraio 2023

Approfondire la relazione che abbiamo con Dio richiede tempo. Momenti preziosi in un’epoca in cui siamo ossessionati dall’insaziabile bisogno di essere impegnati e adeguati. Riscopriamo allora l’arte perduta di fermarci, di prendere una pausa.

Melody Tan – Sono in piedi fuori da una sala ampia, con in mano una busta di plastica trasparente che contiene diverse penne e matite. La testa mi batte forte, ho gli occhi spalancati dalla paura, il cuore mi sta per scoppiare nel petto e ho una sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco. Il motivo? Ho dimenticato di studiare per l’esame che sta per iniziare!

Ricordo il mio libro di testo nella stanza del dormitorio, a tre minuti di distanza. Anche se riuscissi a leggere solo una pagina, sarei più preparata di quanto non lo sia ora. Mi volto per tornare indietro, ma le gambe sono pesanti. Cerco di correre, ma non vado da nessuna parte. Spingo più forte, ma è come se stessi correndo nella neve fino alle ginocchia. È allora che gli occhi si aprono e mi ritrovo a letto in preda all’iperventilazione.

Sono passati 20 anni dalla mia laurea, ma questi incubi continuano a perseguitarmi. Mentre nella vita reale ho sempre ricordato le date degli esami, sembra che abbia una paura profonda di sentirmi impreparata.

E forse ha a che fare con l’insaziabile bisogno di essere impegnata. Ora che lavoro a tempo pieno, non ho più bisogno di trascorrere il mio tempo libero a studiare. Invece di rilassarmi, il mio cervello valuta la mancanza di attività come inadeguatezza. Anche se la maggior parte delle persone probabilmente non avrà incubi come i miei, forse condividerà il bisogno di fare qualcosa, di essere sempre occupata.

In un articolo intitolato “The ‘Busy’ Trap” (La trappola di essere impegnati), pubblicato dal New York Times, Tim Kreider ha scritto: “È diventata la risposta automatica quando si chiede a qualcuno come sta: ‘Impegnato!’. ‘Tanto occupato’. ‘Impegnato da matti’. Si tratta, ovviamente, di un vanto mascherato da lamentela. E la risposta standard è una sorta di congratulazione: ‘È un bel problema da avere’ o ‘Meglio del contrario’… Quasi tutti quelli che conosco sono impegnati. Si sentono ansiosi e in colpa quando non lavorano o non fanno qualcosa per migliorare il loro lavoro”.

Il più delle volte, l’unica persona da biasimare siamo noi stessi. Anche quando i nostri capi ci autorizzano ufficialmente a prenderci una pausa dal lavoro, molti di noi non li ascoltano. Expedia ha pubblicato i risultati di un sondaggio australiano da cui è emerso che quasi il 75% degli intervistati ha riconosciuto che i loro datori di lavoro li ha incoraggiati a prendere dei permessi personali. La maggior parte di coloro che non l’hanno fatto ha dichiarato di essere troppo impegnata per prendersi una pausa dal lavoro.

Kreider afferma che “l’isteria di questi tempi non è una condizione necessaria o inevitabile della vita; è qualcosa che abbiamo scelto, se non altro per la nostra rassegnazione ad essa”.

Dio disse ad Adamo: “Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall’albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita” (Genesi 3:17-19). Ma probabilmente non intendeva che riempissimo ogni singolo secondo libero della nostra vita con qualunque forma di sudore o fatica.

Timothy Sharp, psicologo clinico dell’Happiness Institute, sostiene che la nostra ossessione di essere occupati risiede nell’eccessiva enfasi della società: maggiore lavoro porta a maggiori risultati, che a loro volta ci danno maggiore soddisfazione.

“Vi è una certa verità in questo, ma arriva un punto in cui si supera il limite e l’impegno che contribuisce alla soddisfazione può diventare stressante” dice Sharp “Abbiamo svalutato o perso di vista l’importanza delle attività più tranquille come la contemplazione e la riflessione. Abbiamo perso l’arte di non fare nulla in modo costruttivo. Non sto sostenendo la pigrizia, ma il solo fatto di stare seduti e di essere non è considerato prezioso come un tempo”.

Questa “arte perduta” forse è più visibile nella nostra dipendenza dai telefoni cellulari. “Ogni volta che si presenta un momento in cui non stiamo facendo nulla, che si tratti attendere di stare in fila in attesa di prendere il tram, l’ascensore, una scala mobile al centro commerciale, un’attesa per essere serviti, qualsiasi momento rappresenta un’opportunità, quindi tiriamo fuori il telefono e lo controlliamo rapidamente”, dice Brent Coker, docente di Internet marketing all’Università di Melbourne.

Ironicamente, quando si parla di lavoro, Sharp avverte che “un maggior numero di ore di lavoro non comporta necessariamente migliori risultati o una migliore produttività” e che a volte potrebbe semplicemente essere una questione di efficienza.

Gli scienziati stanno anche scoprendo che le prestazioni sono migliori se ogni tanto ci prendiamo una pausa. Uno studio dell’University of New South Wales ha rivelato che l’apprendimento migliora quando gli studenti si prendono uno stop dallo studio o dalla formazione continua. La Stanford University ha evidenziato che le persone che lavorano in multitasking ottengono risultati inferiori rispetto a quelle che non lo praticano.

Riferendosi ai tempi che precedono il ritorno di Gesù, la Bibbia predice: “Molti andranno avanti e indietro e la conoscenza aumenterà” (Daniele 12:4, ND). Un versetto che evoca l’immagine di una stazione ferroviaria nell’ora di punta, piena di persone che si affrettano per andare al lavoro. Sebbene essere indaffarati non rappresenti necessariamente un segno dei tempi, può far passare in secondo piano una delle istruzioni di Dio: “Fermatevi e riconoscete che io sono Dio” (Salmi 46:10).

Socrate un tempo disse: “Una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta”. Esaminare la nostra vita, esaminare la nostra relazione con Dio e conoscerlo meglio richiede tempo. Possiamo permettercelo restando meno occupati e recuperando l’arte perduta del dolce far niente.

(Melody Tan è felicemente sposata e madre di un figlio. È redattrice di Mums at the Table, la rivista gemella di Signs of the Times Australia. Una versione di questo articolo è apparsa per la prima volta sul sito web di Signs of the Times Australia/Nuova Zelanda ed è stata ripubblicata dietro autorizzazione).

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio] 

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