Le pietre parlano a chi è disposto ad ascoltare
2 Febbraio 2023
Le pietre parlano a chi è disposto ad ascoltare
2 Febbraio 2023

Una disamina sui dati storici e archeologici a supporto della veridicità dei fatti biblici. Con uno spunto critico conclusivo per riflettere.

Marius Necula – Il 23 maggio 2012, l’Israel Antiquities Authority ha annunciato il ritrovamento di un pezzo di argilla di 1,5 cm, che rappresenta la più antica attestazione extra biblica della città di Betlemme. Eli Shukron, il coordinatore dei lavori di scavo, ritiene che si tratti di una bulla (oggetto di piccole dimensioni con forma arrotondata e convessa, ndt] del VII-VIII secolo a.C., probabilmente utilizzata per sigillare un documento o un oggetto.

La ricostruzione del testo, secondo Eli Shukron, è la seguente: 
  בשבעטBishv'at (nel settimo) 
בת  לחם  Bat Lechem (Betlemme) 
למלך  Lemelekh (per il re)

Nel settimo anno del re (non è chiaro se questo si riferisca a Ezechia, Manasse o Giosia) fu inviato un carico da Betlemme al re di Gerusalemme.

Questa scoperta dal sito archeologico della Città di Davide, Gerusalemme, riporta in discussione un argomento piuttosto controverso, vale a dire il ruolo, l’importanza e la rilevanza delle scoperte archeologiche[1] rispetto al testo biblico. I resti del passato sono pochi e incompleti, pertanto, ogni scoperta archeologica è preziosa. La Bibbia fa parte della storia e lo studio delle antiche vestigia fornisce da un lato una conferma (esterna) delle informazioni contenute solo nelle Sacre Scritture. D’altra parte, offre la possibilità di una comprensione più ampia del contesto in cui si sono verificati gli eventi evocati dalla Bibbia.

Oscurati da uno spirito critico 
Lo spirito critico proprio del razionalismo che dominò l’età dei lumi (XVII-XIX secolo) fece sì che la Bibbia fosse guardata con crescente diffidenza. Molti dei resoconti e delle narrazioni bibliche iniziarono a essere considerati leggende o racconti popolari senza molto significato storico. In questo modo, l’esistenza di molti personaggi biblici, come i patriarchi, Mosè o anche alcuni dei profeti, era messa in discussione.

In generale, si riteneva che le Sacre Scritture non potessero essere accettate come autorità storica, perché si presumeva che il testo del libro sacro fosse il prodotto di una stesura tardiva, il che implicava che le informazioni storiche nella Bibbia fossero distorte e imprecise. Gran parte delle critiche si basava sulla mancanza di prove esterne a sostegno di certe affermazioni bibliche.

Inoltre, si è ritenuto che la Bibbia, essendo uno scritto religioso, tendesse a contenere espressioni in un linguaggio mitologico, specifico del pensiero prescientifico, nel senso che non sono così accurate. Per questo motivo, i dettagli di natura storica sono stati ampiamente criticati o, nel migliore dei casi, respinti come irrilevanti.

Questo atteggiamento critico nei confronti della Bibbia si è perpetuato fino ai tempi moderni, quindi la storicità dei racconti biblici continua a essere messa in discussione. Bertrand Russell (1872-1970), il famoso pensatore scettico, scrive nel suo popolare libro Storia della filosofia occidentale: “La storia antica degli Israeliti non può essere confermata da alcuna fonte al di fuori dell’Antico Testamento, ed è impossibile stabilire a che punto cessi di essere pura leggenda.

Nel 1974, Thomas L. Thompson, professore di Antico Testamento all'Università di Copenaghen, pubblicò un libro intitolato provocatoriamente The Historicity of the Patriarchal Narratives, in cui tentava di riesaminare, da una prospettiva critica, le narrazioni della Genesi in relazione all’archeologia. L’affermazione di Thompson è emblematica della posizione dei critici bloccati in un atteggiamento anti-biblico: “L’archeologia non solo non ha dimostrato che un singolo evento delle tradizioni patriarcali sia storico, ma non ha dimostrato che alcuna delle tradizioni sia probabile.[3]

Tuttavia, il professor Thompson commise fin dall’inizio un errore logico, sorprendente e grave: l’assenza di prova non è la prova dell’assenza. Quante persone la cui esistenza non può essere dimostrata con prove storiche sono realmente vissute? Miliardi di antenati anonimi vissero senza che la loro esistenza fosse comprovata da prove archeologiche. D’altra parte, quali tracce archeologiche potrebbe lasciare un nomade come Abramo? Ma ciò che sorprende di più è l’ultima parte dell'affermazione di Thompson che tradisce una vergognosa ignoranza o un tendenzioso disprezzo per l’evidenza.

L’archeologia dice il contrario 
Ecco alcuni esempi che dimostrano che i racconti sulla vita dei patriarchi si inseriscono nel contesto culturale dell’epoca. 
La città di Nuzi era il centro amministrativo dei Corei (o Horei),[4] un popolo menzionato anche nell'Antico Testamento. Gli scavi furono condotti da una squadra americana tra il 1925 e il 1933 e la scoperta principale, che ebbe anche implicazioni per la comprensione dei testi biblici, fu quella di un archivio di famiglia che abbracciava sei generazioni (circa 1450-1350 a.C.). Nei documenti di questi archivi sono stati trovati dettagli sul sistema sociale, economico, religioso e giuridico dei Corei.

Contrariamente alle affermazioni dei critici, le scoperte archeologiche confermano la credibilità storica dei racconti biblici, fornendo una comprensione più chiara del contesto in cui vissero i patriarchi. Inoltre, alla luce delle scoperte archeologiche, i patriarchi, lungi dall’essere personaggi leggendari, si rivelano persone del loro tempo.

La Bibbia confermata, le critiche confutate 
In passato si credeva che gli Ittiti a cui si fa riferimento nella Bibbia non fossero altro che un’invenzione dell’immaginazione, perché la storia non aveva registrato nulla su di loro. Tutto questo fino al 1906, quando Hugo Winckler iniziò i lavori di scavo nei pressi di Boğazköy, un villaggio nell’odierna Turchia: qui sarebbero stati scoperti i resti dell'antica fortezza di Hattusha, la capitale del potente impero ittita.

Il re Baldassarre era considerato solo una figura immaginaria, perché a parte il riferimento in Daniele 5, nessun altro documento parlava di lui. Secondo i dati storici, l'ultimo imperatore babilonese fu Nabonedo, solo che l’archeologia avrebbe fatto luce anche su questo. La scoperta del Cilindro di Nabonedo confermerebbe l’esistenza del controverso Baldassarre, figlio di Nabonedo, coreggente con il padre.

Luoghi un tempo considerati leggendari sono stati attestati poi archeologicamente. Un esempio è Ofir, famosa nella Bibbia per il suo oro. Nel 1956, a Tell Qasile (a nord di Tel Aviv, in Israele), fu scoperto un piccolo pezzo di ostracon (ceramica incisa) e su di esso erano incise le seguenti parole: Oro di Ofir per Beth-Horon, 30 sicli. Da allora, Ofir ha dovuto essere rimosso dall’elenco dei luoghi “immaginari”.

Nel 1993, gli archeologi di Tel Dan, nel nord di Israele, fecero una scoperta straordinaria. Oltre la porta della fortezza fu rinvenuta una pietra basaltica riutilizzata per un muro. Un volontario, dopo aver girato la pietra, notò un’iscrizione su di essa. Il testo menzionava una vittoria del re arameo Ben-Hadad che si vantava di aver sconfitto “la casa di Davide” e la “casa di Israele”. L’iscrizione è stata poi datata, in base al tipo di scrittura, all’850 a.C. circa. La sua importanza è data dal fatto che è citato, per la prima volta, il nome Davide. Il nome è usato qui nel contesto di un riferimento alla “Casa di Davide”, un nome dinastico di Giuda, usato anche nella Bibbia (1 Re 12:26; 14:8; 2 Re 17:21). Ovviamente non avrebbe senso dare a una dinastia il nome di qualcuno che non esisteva.

Chi ha bisogno dell’archeologia? 
Quindi, perché abbiamo bisogno di scoperte archeologiche per sostenere la Bibbia? Da un punto di vista teologico, la Bibbia non ha bisogno di supporti esterni. Per un credente è di per sé un’autorità (essendo la manifestazione della rivelazione divina) ma, nel contesto in cui le accuse dei critici si riferiscono all’ambito storico, le scoperte archeologiche possono essere invocate come prova.

William F. Albright, una figura di spicco nel campo dell'archeologia biblica del XX secolo, affermò: “Scoperta dopo scoperta si è stabilita l’accuratezza di innumerevoli dettagli portando a un crescente riconoscimento del valore della Bibbia come fonte di storia”.[5]

Le scoperte archeologiche diventano prove nel contesto della critica della Bibbia. In questo modo, l’archeologia può essere utilizzata, prima di tutto, per dimostrare che gli eventi, i luoghi o i personaggi descritti nella Scrittura sono reali e storici. L’archeologia è uno strumento che conferma l’esattezza dei dettagli forniti dalla Bibbia a livello storico.

In secondo luogo, le scoperte archeologiche “fanno luce, direttamente o indirettamente, sulla Bibbia”.[6]

L'archeologia, come parte degli studi storici, ci aiuta a comprendere il quadro biblico. I parallelismi tra le informazioni bibliche e i dati forniti dalle scoperte archeologiche mostrano che i cosiddetti anacronismi o esagerazioni leggendarie sono dettagli corretti dal punto di vista storico.

In terzo luogo, le scoperte archeologiche offrono un quadro più chiaro di un mondo lontano: forniscono informazioni sulle lingue parlate allora, sulla vita e sui costumi dei popoli descritti e sulle loro concezioni filosofiche, etiche o religiose.

Cosa fa e cosa non fa l’archeologia 
L’archeologia, tuttavia, non può spiegare completamente la Bibbia. Sebbene sia apparsa nel mondo di allora, la Bibbia non appartiene a quel mondo. I suoi valori spirituali sono molto più ricchi e profondi e, nonostante la somiglianza con quelli dei popoli circostanti, li supera di gran lunga.

Certificare l’accuratezza storica della Bibbia non prova direttamente la sua origine divina, ma mostra chiaramente che gli argomenti usati contro la Bibbia sono talvolta infondati o almeno inconsistenti. La pletora di scoperte archeologiche che confermano la Bibbia avrebbe dovuto dare ancora maggiore credibilità al testo biblico, ma ciò non è avvenuto. I critici oggi hanno mantenuto lo stesso atteggiamento, nonostante il fatto che le prove archeologiche abbiano smantellato molti presupposti anti-biblici.

L'atteggiamento critico nei confronti della Bibbia (nonostante le conferme archeologiche) tradisce un pregiudizio antireligioso infondato e innaturale, perché, contrariamente alla pratica comune, i critici procedono dalla “presunzione di colpa”. La Bibbia è vista fin dall’inizio come errata (e automaticamente irrilevante), essendo “obbligata” a difenderne l’autenticità. Questo atteggiamento maligno persiste nonostante le prove contrarie.

Questo dimostra che la vera questione da discutere non è quella delle prove, ma quella delle posizioni assunte. Ciò che è chiaro finora è che non esiste alcuna scoperta archeologica che dimostri chiaramente che la Bibbia sia sbagliata (almeno da una prospettiva storica). Allora, perché persiste questo atteggiamento di critica contro la Bibbia, anche se l’accusa si è dimostrata infondata?

Note 
[1] L'archeologia, parte degli studi storici, è la scienza che studia le antiche civiltà e culture umane, documentando, cercando, raccogliendo, analizzando e interpretando i resti materiali. 
[2] Bertrand Russell, A History of Western Philosophy (Storia della filosofia occidentale), Simon and Schuster, Inc., New York, 1944, p. 7. 
[3] Thomas L. Thompson, The Historicity of the Patriarchal Narratives: The Quest for the Historical Abraham, Walter de Gruyter, 1974, p. 328. 
[4] Sembra che fossero anche chiamati Hiviti, una delle loro enclavi era Jebus (Gerusalemme), che sarebbe stata conquistata da Davide. 
[5] William F. Albright, The Archaeology of Palestine, Penguin Books, 1954, p. 128. 
[6] Citato da Peter Roger Stuart Moorey in A Century of Biblical Archaeology, Westminster John Knox Press, 1991, p. 54.

[Fonte: st.network. Traduzione: V. Addazio]

 

 

Condividi su:

Notizie correlate

Libro Amico. La libertà religiosa nei luoghi di lavoro

Libro Amico. La libertà religiosa nei luoghi di lavoro

Notizie Avventiste – Il Centro culturale di scienze umane e religiose (CeCSUR), l’Istituto “Villa Aurora” e la Facoltà avventista di teologia (FAT) di Firenze invitano a un nuovo incontro della serie Libro Amico. Mercoledì 19 marzo, alle ore 11.00, verrà presentato il...

GYD 2025 e Settimana di preghiera online

GYD 2025 e Settimana di preghiera online

Notizie Avventiste – Sabato 15 marzo è il Global Youth Day (GYD), la giornata speciale che i giovani avventisti vivono in tutto il mondo, realizzando progetti di servizio nel luogo in cui vivono. il tema scelto per il 2025 è “A Comunity Transformed”, da rendere in...

La parola del giorno: creare

La parola del giorno: creare

La Bibbia si apre con la Parola creativa di Dio e l’invito rivolto all’umanità a prendersi cura di ogni cosa con amore. Una riflessione quanto mai attuale nella Giornata nazionale del Paesaggio che si celebra il 14 marzo. Simon Davidson - Per descrivere come Dio diede...

Master in Mediazione Culturale e Social Management

Master in Mediazione Culturale e Social Management

Notizie Avventiste – L’Istituto avventista “Villa Aurora” di Firenze è partner principale dell’Università degli studi di Salerno per quanto riguarda il Master di 1° livello in “Mediazione Culturale e Social Management. Diritti, politiche e multireligiosità nello...

Pin It on Pinterest