Michele Abiusi – “Fermatevi… e riconoscete che io sono Dio. Io sarò glorificato tra le nazioni, sarò glorificato sulla terra” (Salmo 46:10).
Il salmista incoraggia il credente a riconoscere che il Signore è Dio. Poco prima aveva detto: “Venite, guardate le opere del Signore, egli fa sulla terra cose stupende” (v. 8 ). La “conoscenza” di Dio comprende: i suoi atti passati, le sue promesse, una conoscenza esperienziale con lui. Nel contesto, il salmista invita a impegnarsi per il Signore e fare di lui il “rifugio” e la “forza” (vv. 1, 7, 11). Questa esortazione rivolta ai credenti è più pertinente che mai, oggi. Viviamo in un mondo sempre più alienato da Dio, in cui cadere nello scoraggiamento o nella perdita della fede è cosa relativamente facile. Pertanto il versetto  2 esorta: “Perciò non temiamo se la terra è sconvolta …”.

Se guardiamo lo svolgersi degli eventi in campo mondiale non possiamo non condividere l’espressione del salmista. Tutto nella nostra società è sconvolto: nelle scelte etiche, nei principi morali da seguire, nel concetto di esempio, onestà e così via. Se ci sentiamo frastornati da questo andazzo è imperativo fare un primo passo nella giusta direzione, come sottolinea la prima parola del nostro testo: “Fermatevi”.

Fermarsi implica svuotare la mente dagli assilli giornalieri, allontanare da noi tutto ciò che può distrarre: il mondo con tutti i suoi rumori di fondo… e raccoglierci in meditazione. Questo vuol dire trovare un angolo di tempo, nell’arco della giornata, riservato alla meditazione, in cui possiamo “ascoltare” Dio. La professione di fede ebraica, lo Shema, infatti recita: “Ascolta, Israele: Il Signore, il nostro Dio, è l’unico Signore” (Deuteronomio 6:4). Porsi all’ascolto di Dio non vuol dire necessariamente aprire la Bibbia.

La creazione è una testimonianza silenziosa della saggezza e della sapienza di Dio: “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani” (Salmo 19:1). E ancora: “Quand’io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?” (Salmo 8:3, 4). Sì, un tempo gli uomini sapevano “fermarsi” e vedere oltre ciò che gli occhi permettevano loro di guardare.

Oggi non si ha più tempo per pensare a cosa si fa della propria vita nella prospettiva di Dio. Si corre, ci si affanna per risolvere problemi, e così passano i giorni, gli anni, i lustri, i decenni ed infine arriva l’ultimo traguardo. Non abbiamo fatto nulla per conoscere il nostro Dio! è quanto mai importante prendere coscienza di questo nostro bisogno, cominciando con un semplice “fermatevi” e ascoltando il “sussurro di Dio”.

Come e dove possiamo incontrare Dio?
Dio non sta in un posto specifico da raggiungere, però possiamo incontrarlo tutte le volte che vogliamo, in qualsiasi luogo ci troviamo. Ecco quanto scrive il salmista : “Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là” (Salmo 139:7, 8). E anche: “Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità” (Salmo 145:18).

Gesù affermò: “Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa” (Matteo 6:6).

Non solo, Dio non ci fa aspettare in anticamera, come avviene spesso con i cosiddetti “altolocati”: “Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità.  Egli adempie il desiderio di quelli che lo temono, ode il loro grido, e li salva” (Salmo 145:18,19).

Questi testi dimostrano che possiamo incontrare Dio praticamente ovunque.

Lo consideriamo un privilegio? “Parlare” con Dio vuol dire aver stabilito una relazione con lui di tipo amicale. Due amici, non importa il luogo in cui si incontrano, si fermano a parlare e condividono le loro esperienze. Così è con Dio. È nostro amico quindi ci sentiamo liberi di parlargli con franchezza. Ma è anche nostro Padre e in lui troviamo l’aiuto e la comprensione che solo un genitore sa dare al proprio figlio. Sì, perché Dio è anche, e soprattutto, amore! (cfr. 1 Giovanni 4:8). Sempre Giovanni aggiunge: “Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura” (v. 18). Come un figlio non ha paura di un padre amorevole così anche noi dobbiamo sentirci liberi di parlare con il nostro Padre in cielo tutte le volte che vogliamo e in qualsiasi posto noi siamo, e di unirci all’apostolo nel dire “che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:38, 39).

Per quale motivo Dio rimane spesso in silenzio?
A volte, il problema non sta tanto nel fatto che Dio non risponde alle nostre suppliche, ma nel nostro udito spirituale che non è in grado di percepire il “sussurro di Dio”. Allora il “fermarsi” nella meditazione e nella riflessione aiuta a curare la nostra “otite” spirituale.

Sovente però sono i nostri peccati ad impedire la risposta di Dio.

Il profeta così si espresse: “Ecco, la mano del Signore non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo duro per udire; ma le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere la faccia da voi, per non darvi più ascolto” (Isaia 59:1, 2). Gli Israeliti erano diventati apostati ai giorni di Isaia, tanto che, alla fine, Dio usò la scure babilonese per disciplinarli.

Anche noi veniamo meno, e sempre accadrà finché non ritornerà il Signore, a causa della nostra debolezza, ma ciò non deve servire da scusa per una condotta dissoluta. Il Signore è buono e pronto a perdonarci infinite volte, ma dobbiamo stare attenti al nostro atteggiamento nei confronti del peccato perché “il timore del Signore è odiare il male” (Proverbi 8:13), e non fargli l’occhiolino quando il peccato diventa seducente ai nostri occhi.

Come Elia [leggi qui la prima parte] dovremo uscire dalla nostra grotta, dalla nostra visione egoistica della vita, e incontrare Dio nel sussurro di un dolce alito di vento. Ci è sempre piaciuta l’immagine di Gesù che sta “alla porta e bussa” (Apocalisse 3:20).

Il testo non dice che picchia con violenza alla porta per farsi sentire.

Il testo non dice neanche che  bussa alla porta di una chiesa, bensì “se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”.

Siamo noi che permettiamo a Dio e a Cristo di venire, per accoglierli nel nostro cuore.

Condividi