Michele Abiusi – Dio desidera le nostre preghiere? Certamente, Dio desidera che lo preghiamo. Citiamo solo alcuni testi biblici:
– “O Signore, al mattino tu ascolti la mia voce; al mattino ti offro la mia preghiera e attendo un tuo cenno” (Salmo 5:3);
– “Cercate il Signore, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino” (Isaia 55:6);
– “Eleviamo le mani e i nostri cuori a Dio nei cieli!” (Lamentazioni 3:41);
– “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome…” (Matteo 6:9-14);
– “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa” (Matteo 7:7-11);
– “Propose loro ancora questa parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi” (Luca 18:1);
– “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (1 Corinzi 10:31);
– “Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con rendimento di grazie” (Colossesi 4:2);
– “Io voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando mani pure, senza ira e senza dispute” (1 Timoteo 2:8);
– “non cessate mai di pregare; in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tessalonicesi 5:17,18).

Dio desidera le preghiere quando scaturiscono da un cuore sincero, pieno di apprezzamento nei suoi confronti. Se la nostra preghiera non è lo specchio della nostra anima, allora pregare non serve a nulla e Dio non la gradisce: “ti sei avvolto in una nuvola, perché la preghiera non potesse raggiungerti” (Lamentazioni 3:44).

La preghiera è un dialogo con Dio?
Non lo è propriamente. Mentre è corretto dire che due o più persone dialogano tra loro, perché questo è l’unico modo per scambiare opinioni e punti di vista diversi tra esseri umani, con Dio le cose si fanno più complicate a motivo del fatto che lui è… Dio. Non possiamo parlare a Dio come si fa con un uomo. Mosè quando udì la voce di Dio al pruno ardente, “tutto tremante, non osava guardare” (Atti 7:32) perché la maestà di Dio gli incuteva timore e riverenza.

Quando Giobbe si fece un po’ ardito nel parlare con Dio per perorare la propria causa, la Bibbia dice: “Allora il Signore rispose a Giobbe dal seno della tempesta, e disse: Chi è costui che oscura i miei disegni con parole prive di senno?” (Giobbe 38:1,2). Ricordandogli così che era solo un uomo. Gesù illustrò l’atteggiamento sfrontato e presuntuoso del fariseo che si accosta a Dio in preghiera dicendo: “O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo” (Luca 18:11,12). Nelle parole del religioso c’è sì una invocazione, “o Dio”, ma dall’arroganza mostrata sembra che si rivolgesse a un suo simile e non al maestoso Dio che conosce i segreti del cuore. All’israelita che va al tempio per adorare, Ecclesiaste 5:1 consiglia: “Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di Dio e avvicìnati per ascoltare”. Anche oggi il principio è lo stesso: anziché avvicinarci a Dio con superficialità, come se fosse un essere umano come noi, dobbiamo essere consapevoli del grande privilegio che abbiamo e dimostrarlo con un atteggiamento riverente e umile. Nella preghiera noi ci avviciniamo a Dio e Dio si abbassa fino a noi.

Che cos’è la preghiera?
La preghiera è come un filo invisibile che ci lega al nostro Padre in cielo. È il nostro pensiero che cerca una risposta da Dio nella completa disponibilità di accettare la volontà divina. Quindi la preghiera è un modo per arrenderci a Dio e mettere da parte noi stessi. In quest’ottica essa è un atto di amore verso Dio, grati della sua bontà e misericordia. La preghiera si realizza pienamente quando ci stacchiamo dai nostri problemi e assaporiamo la misericordia divina. È un momento di intimità con il nostro Dio. Cerchiamo la sua compagnia per provare la vera pace interiore.

Dio potrebbe abbandonarci?
Davide disse a suo figlio Salomone: “Se tu lo cerchi, egli si lascerà trovare da te; ma, se lo abbandoni, egli ti respingerà per sempre” (1 Cronache 28:9).

Se rifiutiamo l’amore di Dio, “Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia? È terribile cadere nelle mani del Dio vivente” (Ebrei 10:29,31).

Da questi testi emerge che l’abbandono di Dio è conseguenza del nostro abbandono, di un nostro atteggiamento repulsivo nei suoi confronti. L’atto estremo di questo disprezzo verso la bontà divina è il peccato contro lo Spirito Santo del quale parlò nostro Signore: “ma chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non ha perdono in eterno, ma è reo di un peccato eterno” (Marco 3:29).

Siccome Dio sa già ogni cosa, è corretto voler essere conosciuti da Dio?
Sì, è corretto perché essere conosciuti da Dio significa che egli rivolge a noi la sua attenzione e la sua approvazione. L’apostolo precisò “ma ora che avete conosciuto Dio, o piuttosto che siete stati conosciuti da Dio” (Galati 4:9), e intendeva dire che i discepoli della Galazia, dopo aver accettato Cristo, erano stati riconosciuti da Dio come pienamente approvati. Di Abraamo Dio disse: “Io infatti l’ho scelto [yedatin], perché ordini ai suoi figli e alla sua casa dopo di lui di seguire la via dell’Eterno…” (Genesi 18:19 ND). Questo conoscere da parte di Dio implica la sua approvazione. In fondo a che servirebbe conoscere perfettamente la Bibbia se poi Dio non ci riconosce come parte del suo popolo? Questo fatto è un incentivo per rendere la nostra vita tale da ricevere l’approvazione divina, sapendo che laddove noi manchiamo il sangue versato da Cristo compensa.

Il beneficio di essere a disagio nella preghiera
Noi proviamo una grande pace quando ci rifugiamo nella preghiera e ci concentriamo sul nostro meraviglioso Padre. Tuttavia, come tutti gli uomini di Dio descritti nella Bibbia, quando ci accostiamo a Dio è naturale provare il disagio della nostra inadeguatezza, delle nostre debolezze, della nostra natura peccaminosa. Con l’apostolo diciamo “compite la vostra salvezza con timore e tremore” (Filippesi 2:12).

Pregare con umiltà
Con la preghiera entriamo in contatto che l’essere assoluto, l’unico vero Dio. Un qualsiasi altro atteggiamento diverso dall’umiltà suonerebbe irriverente…

Il testo di Luca 18:11,12 è un esempio di atteggiamento presuntuoso che un adoratore può manifestare nella preghiera.

Le prime cose da dire nella preghiera
La preghiera dovrebbe iniziare con la lode, come insegnò il Maestro: “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome” (Matteo 6:9). In questo modo fece anche Salomone nella sua preghiera alla dedicazione del Tempio: “O Signore, Dio d’Israele! Non c’è nessun dio che sia simile a te, né lassù in cielo, né quaggiù in terra! Tu mantieni il patto e la misericordia verso i tuoi servi che camminano in tua presenza con tutto il cuore” (1 Re 8:23).

Pregare spesso per noi stessi è un atto egoistico?
Se la nostra preghiera non è incentrata su noi stessi, allora comunicare a Dio i nostri problemi e bisogni non è atto egoistico. Nel “Padre nostro” Gesù incluse: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Matteo 6:11). Il “pane quotidiano” rappresenta i nostri bisogni attuali, le necessità materiali, le ansietà della vita. Gesù lo esemplificò quando parlò delle preoccupazioni che ci attanagliano quotidianamente: “il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose” (v.32). Sicuramente se la nostra ansietà è vincere una grossa somma al gioco d’azzardo, allora sì che sarebbe puro egoismo chiedere a Dio di soddisfarci. Le nostre richieste a Dio sono un indice della nostra debolezza, della nostra incapacità di sovvenire a una necessità o a una mancanza. Per questo Gesù insegnò a chiamare Dio “Padre nostro”. Siamo come bambini che chiedono al padre di sovvenire alla propria debolezza.

Entro quali limiti furono sempre fatte le richieste personali nelle preghiere bibliche?
Non possiamo forzare la mano a Dio per ricevere una qualche grazia. L’apostolo Paolo richiese tre volte che la sua “spina nella carne”, probabilmente un problema di salute, fosse tolta, ma ottenne come risposta: “La mia grazia ti basta” (2 Corinzi 12:9). Gesù pregò più volte che “se è possibile, passi oltre da me questo calice!” (Matteo 26:39), ma non ottenne alcuna risposta da parte di Dio. In queste richieste personali il focus non è rivolto unicamente a se stessi, ma viene sempre contemplata la volontà di Dio come fine ultimo.

La Bibbia incoraggia a pregare “incessantemente” (1 Tessalonicesi 5:17 Cei). Com’è possibile farlo?
Pregare incessantemente non significa rivolgere a Dio, 24 ore al giorno, le nostre preghiere perché cosa umanamente impossibile. D’altro canto l’attitudine gioiosa del discepolo è intimamente legata alla preghiera incessante, l’unico modo per coltivare un atteggiamento positivo nei momenti della prova. Comunicare senza interruzioni con Dio, mantiene i valori secolari e spirituali in equilibrio. Il termine greco per “incessantemente” (Adialeiptos) non significa una sorta di preghiera senza sosta. Implica, piuttosto, una preghiera costante, ricorrente, un atteggiamento assiduo di dipendenza da Dio. Che pronunciamo o meno le parole, la cosa fondamentale è sollevare il nostro cuore a Dio mentre siamo occupati in compiti diversi. L’apostolo Paolo lo disse in altri termini: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (1 Corinzi 10:31). In altre parole, se Dio è sempre presente nei nostri pensieri, viviamo in una condizione di preghiera assidua.

Quali preghiere dovremmo apprezzare più di tutte?
Le preghiere in favore dei nostri cari ci riscaldano il cuore, ma le preghiere più importanti sono quelle che Gesù rivolge al Padre a nostro favore, dato che lui soltanto è responsabile della nostra salvezza. Egli agisce come nostro sommo sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec (cfr. Ebrei 6:20). In quella che viene considerata la preghiera sacerdotale, Gesù chiede al Padre: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi […] Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola” (Giovanni 17:9,20).

Gesù agisce come nostro mediatore e, dato che cadiamo molte volte nel peccato, “può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro” (Ebrei 7:25).

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