Consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, compassione, relazioni.
Rudika Puskas – Alcuni credono che l’intelligenza emotiva sia più importante del quoziente intellettivo (QI). E sono d’accordo. Probabilmente conoscete persone che non erano molto brave a scuola ma hanno avuto successo nella vita; altre invece erano tra le prime della classe ma non sono riuscite a fare granché nella loro esistenza. Il motivo? L’intelligenza emotiva.
Cos’è?
L’intelligenza emotiva è la capacità di comprendere e gestire le nostre emozioni, nonché di riconoscere e influenzare le emozioni di chi ci circonda. Per semplificare, riguarda il modo in cui ci relazioniamo con noi stessi e con gli altri. L’intelligenza emotiva si compone di quattro dimensioni: consapevolezza di sé, autogestione, consapevolezza degli altri (compassione) e gestione degli altri (relazioni).
Possiamo imparare molto da Gesù sull’intelligenza emotiva, sebbene il Maestro non abbia mai usato questa definizione. Quando leggiamo i Vangeli o il libro Gesù di Nazaret di Ellen G. White (Edizioni ADV, ndt), constatiamo che Gesù aveva un’intelligenza emotiva molto elevata.
Autoconsapevolezza
Gesù ha dodici anni, è nel tempio a Gerusalemme. Passati i giorni della festa, i suoi genitori se ne vanno, per tornare a Nazaret, e pensano: “Gesù deve essere qui da qualche parte, con la famiglia o con gli amici”. E poi, alla fine del giorno, chiedono: “Dov’è Gesù?”. Cercano ovunque, ma non riescono a trovarlo. Tornano a Gerusalemme e dopo tre giorni lo vedono nel tempio. Maria gli chiede: “Come hai potuto lasciarci?”. E Gesù risponde: “Non lo sai, dovevo stare nella casa di mio padre” (e non si riferisce a Giuseppe, ma a Dio). Quindi, a dodici anni, Gesù sa chi è. Ha consapevolezza di sé e questo è il fondamento dell’intelligenza emotiva. Se non abbiamo una buona consapevolezza di noi stessi, non avremo un’intelligenza emotiva elevata: faremo fatica a capire noi stessi, ad affrontare ciò che accade dentro di noi e avremo problemi nelle nostre relazioni.
Tutte le dimensioni
Nell’episodio della tentazione (Matteo 4:1-11) possiamo vedere tutte le dimensioni dell’intelligenza emotiva. Il diavolo si presenta come un angelo del bene e dice a Gesù: “C’era qualcuno in cielo che pensava di essere il figlio di Dio, ma è stato gettato a terra; sei sicuro di essere il figlio di Dio?”. Solo quaranta giorni prima, quando Gesù è stato battezzato, Dio Padre ha confermato che lui è suo figlio. Se Gesù avesse avuto una bassa autocoscienza, avrebbe risposto al tentatore: “Oh, non lo so, credo di esserlo”. Invece, Gesù ha un’elevata consapevolezza di sé. È il figlio di Dio.
E guardate l’autogestione di Gesù. Digiuna per quaranta giorni e poi il diavolo dice: “Ecco le pietre, se credi di essere il figlio di Dio, trasformale in cibo. Hai bisogno di mangiare, altrimenti morirai”. Ma Gesù, pur avendo molta fame, svolge un ottimo lavoro di autogestione e risponde: “Sta scritto: ‘Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio’” (Mt 4:4). Infine, nel modo in cui Gesù affronta il tentatore notiamo la sua consapevolezza sociale e come sa trattare con gli altri.
Altri esempi
Tra le numerose emozioni che le persone manifestano, tre sono più frequenti: la rabbia, la paura e la tristezza. Gesù è nel il tempio. Si vede che è sconvolto; è arrabbiato nel constatare come i mercanti hanno ridotto questo luogo sacro. Prepara una frusta e, notate, prende del tempo per realizzarla. Quando siamo arrabbiati, esplodiamo subito, senza pensare. Perché? Perché la nostra rabbia nasce dall’orgoglio, dall’egoismo o da entrambi i sentimenti. La rabbia di Gesù, invece, nasce dall’amore. Ecco perché Gesù è diverso. Nel Getsemani, lo vediamo affrontare la paura estrema. Non scappa.
Infine, alla tomba di Lazzaro Gesù sperimenta la tristezza.
Un giorno, quattro amici avevano portato un uomo paralizzato. Gesù lo aveva guardato e aveva prima personato i suoi peccati. Perché? Perché il primo desiderio dell’uomo era quello di essere perdonato, mentre il secondo era la guarigione fisica. Gesù ne era consapevole.
C’era poi un uomo sordo e muto. Faceva fatica a parlare dato che era sordo e, ne sono sicuro, le persone ridevano di lui. Gesù lo condusse fuori. Non voleva che la gente ridesse ancora di lui. Notiamo che Gesù mostra compassione (vedere e sente le cose dalla prospettiva dell’altro, ndt).
Quando gli scribi e i farisei portano la donna colta in adulterio, osserviamo come Gesù gestisce gli accusatori. Prima li ignora, poi scrive i loro peccati per terra, infine dice: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”.
L’intelligenza emotiva è importantissima. Gesù l’ha praticata, quindi dovremmo imitarlo e crescere nella nostra intelligenza emotiva perché ci aiuterà a gestire ciò che accade dentro di noi e ad avere buoni rapporti con le altre persone. Impariamo dal Maestro, Gesù Cristo!
Per approfondire
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(Rudika Puskas è pastore avventista nel Regno Unito)
[Foto e fonte: www.adventistdiscoverycentre.org. Traduzione e adattamento: L. Ferrara]
[Immagine di copertina: pixabay.com]