chiaviDavide Romano – Sia detto senza astio e con benevola ironia ma le recenti dimissioni di papa Benedetto XVI sono l’unica vera novità del suo non brevissimo pontificato.

Augurandoci che non siano dovute a gravi problemi di salute o a inquietanti risvolti legati alle situazioni incresciose maturate in questi anni in una curia romana funestata da scandali e defezioni interne, le dimissioni del pontefice, a poco meno di otto anni dal suo incarico (19 aprile 2005), rappresentano un gesto dirompente e inatteso che ha pochissimi precedenti nella storia di questa vetusta istituzione. Cristianamente non possiamo che simpatizzare per un fratello nella fede che, come egli stesso ha detto, rinuncia al suo particolarissimo e, dal nostro punto di vista, problematico, mandato apostolico in ragione della sopravvenuta stanchezza fisica; gli facciamo dunque i migliori auguri per un meritato e fecondo riposo.

Sotto il profilo delle relazioni ecumeniche, pur non volendo affrettare premature valutazioni ed esaustivi bilanci del suo pontificato, rimane, da parte evangelica, quantomeno l’impressione, anzi la netta sensazione, di una opportunità perduta.

Il 29 maggio 2005, durante la sua prima visita missionaria in occasione della conclusione del XXIV Congresso eucaristico nazionale a Bari, Benedetto XVI estrinsecò nel corso della sua omelia questo auspicio: “Vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Sono consapevole che… occorrono gesti concreti”.

Bene, questi gesti concreti sono forse rimasti solo nelle intenzioni ma nulla è affiorato nella pratica ecumenica con le chiese evangeliche. Forse qualche passo in più è stato fatto nei confronti delle chiese orientali. La considerazione delle carenze che le chiese nate dalla Riforma del XVI secolo avrebbero, specie sul piano squisitamente ecclesiologico, sono rimaste intatte, come da ultimo ribadito nel documento “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla chiesa” del 2007.

Ci si sarebbe aspettato ben altro piglio ecumenico da parte di un pontefice che oltretutto dichiarava a più riprese di voler dare anche piena attuazione alle delibere del Concilio Vaticano II, segnando invece anche su quel terreno significative inversioni di tendenza o riletture normalizzanti.

Come Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno vogliamo auspicare che il prossimo pontefice, chiunque esso sia, abbia, non da solo ma insieme al vasto e multietnico collegio episcopale e al popolo dei credenti, la forza spirituale e culturale per ridimensionare l’orgoglio ecclesiocentrico della propria tradizione a beneficio di una nuova curiosità evangelica verso i discepoli di Gesù Cristo che operano in altre famiglie confessionali ma sotto l’unico Padre di Gesù Cristo.

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