logo-uicca-midFrancesco Zenzale – Scrivendo ai Filippesi, Paolo dice: “Il mio desiderio è di partire e di essere con Cristo, il che è di gran lunga migliore. Ma il rimanere nella carne è più necessario per voi” (Fil. 1:23, 24).

I dualisti considerano questo testo una delle prove più convincenti che alla morte l’anima dei salvati vada immediatamente alla presenza di Cristo. Per esempio, Robert A. Morey afferma: “Questo è il passo più chiaro del Nuovo Testamento che parli della sorte del credente, il quale, dopo la morte, va nel cielo con Cristo. Questo testo parla del desiderio di Paolo di partire da questa vita terrena per una vita celeste con Cristo. Non c’è nessuna menzione o accenno della risurrezione in questo passo”.

L’espressione di Paolo “Ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio” non si pone su un piano antropologico ma su quello relazionale. Si tratta del riconoscimento di una relazione esistente tra Cristo e il credente che la morte non può eliminare e non riguarda invece lo stato dell’anima o del corpo dopo la morte.

Helmut Thielicke indica correttamente che il Nuovo Testamento non è tanto interessato allo stato intermedio, quanto piuttosto alla relazione che esiste fra il credente e Cristo nonostante la morte. L’unione con Cristo non è interrotta dalla morte perché il credente che dorme in lui non ha nessuna consapevolezza del tempo che passa. Come dice Thielicke: “La rimozione del senso del tempo significa, per coloro che si svegliano dalla lunga notte della morte, che essa è un semplice punto matematico perché chiamati a una vita completa”.

I tentativi di cogliere in questa frase di Paolo un sostegno per la sopravvivenza dell’anima o la sua ascensione subito dopo la morte, non sono fondati perché, come osserva giustamente Ray S. Anderson, “Paolo non pensava che la questione della condizione della persona fra la morte e la risurrezione fosse una questione da considerare”.

La ragione per Paolo è che quanti “muoiono in Cristo” stanno “dormendo in Cristo” (1 Corinzi 15:18; 1 Tessalonicesi 4:14). La loro condizione con Cristo è di immediatezza, perché non hanno nessuna consapevolezza del passare del tempo fra la morte e la risurrezione, sperimentando quello che può esser chiamato “tempo eterno”. Per quanti continuano a vivere nel tempo limitato, legato alla terra, c’è un intervallo fra la morte e la risurrezione. La difficoltà è posta dal fatto che non è possibile sincronizzare l’orologio del tempo eterno con quello temporale.

Questo è il tentativo che ha condotto a controverse e sfortunate speculazioni sul cosiddetto stato intermedio. Con il suo desiderio di “essere con Cristo”, Paolo non esprimeva in alcun modo la certezza dottrinale di quello che succede dopo la morte, ma semplicemente manifestava il desiderio di vedere la fine della sua tormentata esistenza ed essere con Cristo al suo ritorno. Attraverso i secoli, i cristiani hanno sinceramente espresso lo stesso desiderio, senza necessariamente attendersi di essere introdotti alla presenza di Cristo al momento della loro morte. L’affermazione di Paolo deve essere interpretata sulla base dei suoi chiari insegnamenti in merito al momento in cui i credenti saranno uniti con Cristo.

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