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Francesco Zenzale – Non c’è aspetto della vita che non risenta del contesto socio-culturale del luogo in cui una persona vive. Siamo figli del nostro tempo, di quel complesso mondo dove siamo nati e cresciuti e, parallelamente, figli di Dio, di quel Padre capace di camminare accanto a noi, nonostante il fatto che la nostra spiritualità risenta di un certo sincretismo religioso-culturale proprio del nostro tempo: sintesi di un insieme di elementi eterogenei ed esperienze in continua evoluzione.

Nessuno pensi di sottrarsi a questa verità, né tanto meno di scandalizzarsi: è la vita! Lo era anche per gli eroi della fede, come Abramo, Sara, Isacco, Giacobbe, Davide, Salomone, ecc.; uomini e donne segnati dalla fragilità dovuta anche alle consuetudini e mentalità del loro tempo.

Per esempio, “l’uso caratteristico dei Patriarchi, condannato dalla legislazione ebraica susseguente (Levitico 18:18), di sposare consanguinei della linea collaterale e discendente è in accordo con il codice di Hammurabi (154-158) che proibisce solo i matrimoni tra i consanguinei della linea ascendente; così Abramo sposa sua sorella (Genesi 20:12); Nahor sposa sua nipote (Genesi 11:29); Giacobbe poi sposa le sue cugine e sorelle (Genesi 29: 24-28)” (A. Rolla, La Bibbia di fronte alle ultime scoperte, p.125).

Sara si serve di Agar per avere un figlio (Genesi 16:2), stessa cosa fanno Lea e Rachele (Genesi 30:3). Questi espedienti sono in perfetta armonia con le tavolette di Nuz, in cui si parla della possibilità per una moglie sterile di avere figli dalla propria schiava: “Inoltre, Kelim-ninu è stata data in sposa a Shennima. Se Kelim-ninu gli partorirà dei figli, Shennima non prenderà altra moglie, ma se Kelim-ninu non gli partorirà dei figli, Kelim-ninu prenderà una donna della regione di Lullu, come sposa di Shennima, e Kelim-ninu non potrà cacciare i figli della nuova venuta” (testo di Nuz, Hss, V, 67).

Lo stesso vale per la legge del levirato, la poligamia, i matrimoni contratti da Salomone per la sua politica espansionistica. Innegabili sono, innanzitutto, le somiglianze tra la legislazione mosaica e quella orientale. Esse evidenziano il fatto che i mondi sumerico–accadico ed ebraico riflettono un fondo semitico comune.

Questi e tanti altri elementi sono segno di sincerità e imparzialità, e della grande misericordia di Dio. Non dobbiamo dunque sorprenderci se Dio sceglie le “cose pazze di questo mondo” per far veicolare la sua volontà. In verità, se Dio non avesse parlato la lingua degli uomini, sarebbe stato difficile cogliere la sua grazia.

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